“Welfare Italia”, cresce il divario tra Nord e Sud (oltre ai costi)

Studio Unipol-Thea secondo cui eccellono Trentino, Emilia Romagna e Alto Adige, con un divario di 23,6 punti tra la realtà migliore e quella peggiore, la Calabria.

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Nel 2024 aumenta la divisione tra Nord, Centro e Sud nella capacità di risposta dei sistemi di welfare e di stato sociale secondo quanto registra lo strumento di monitoraggio di “Welfare Italia“, promosso dal Gruppo Unipol in collaborazione con The European HouseAmbrosetti, che valuta sia aspetti legati alla spesa in welfare per politiche sociali, sanità, previdenza e formazione sia aspetti legati ai risultati che questa spesa produce attraverso 22 indicatori.

L’amministrazione territoriale con il punteggio più elevato è il Trentino (79,7 punti), seguito dall’Emilia Romagna (79,5 punti) e dall’Alto Adige (78,5 punti). Dal lato opposto della classifica, si posizionano la Basilicata (59,5 punti), la Campania (58,6 punti) e la Calabria (56,1 punti). Il divario tra regione migliore e peggiore è pari a 23,6 punti (in aumento di 0,7 punti rispetto all’edizione precedente).

La presentazione del ForumWelfare Italia2024 dal titolo “Quali opportunità per creare valore nel sistema di Welfare” si è aperto con il messaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, evidenzia il ruolo trasversale della prevenzione per rispondere alle sfide evolutive del sistema di welfare in quanto elemento capace di ridurre i costi sistemici, la sostenibilità di medio-lungo termine del sistema di welfare, il ruolo del privato e degli investimenti sociali.

Welfare Italia” si propone da oltre un decennio come luogo di analisi, studio e riflessione sui temi del welfare, aperto al confronto tra i principali portatori d’interesse del settore sia pubblico che privato: decisori, esponenti governativi nazionali e locali, parti sociali, casse e fondi previdenza e assistenza, rappresentanti di imprese e dei lavoratori, università e terzo settore.

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Dal punto di vista della finanza pubblica, entro il 2030 sarà necessario reperire 176 miliardi di euro addizionali per garantire la sostenibilità del sistema di welfare del Paese. Il sistema di welfare italiano è chiamato a rispondere ai crescenti bisogni di protezione all’interno di un sistema economico con pochi margini di spazio fiscale, in quanto inevitabilmente condizionato da un quadro di finanza pubblica complesso e dalle nuove regole relative alla governance economica europea (nuove clausole del Patto di Stabilità e Crescita).

Seppur in progressivo miglioramento, il quadro di finanza pubblica resta uno dei più complessi a livello europeo. La correzione di bilancio per l’Italia è quantificabile in circa 13 miliardi di euro/l’anno per i prossimi sette anni. Se a questa correzione si aggiungono gli incrementi della spesa previsti nelle diverse voci di welfare, entro il 2030 sarà necessario reperire 176 miliardi di euro addizionali per garantire la sostenibilità del sistema di welfare del Paese.

Inoltre, dalle dinamiche tendenziali e congiunturali delle componenti del welfare emerge come l’Italia risulti primo tra i quattro principali paesi europei per incidenza della spesa in previdenza sul PIL (16,2% vs 12,3%). Al contrario, l’Italia si trova ultima sia con riferimento al valore dell’istruzione (che incide solo per il 4,1% del PIL italiano, rispetto ad una media dell’Eurozona pari a 4,6%) che a quello delle politiche sociali (5,7% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona pari a 7,3%) e penultima con riferimento alla sanità (7,1% del PIL italiano, contro una media dell’Eurozona del 7,9%).

Secondo le stime di “Welfare Italia”, in Italia il welfare (inteso come Sanità, Politiche Sociali, Previdenza e Istruzione) rappresenta nel 2023 la principale voce di spesa pubblica con 662,7 miliardi di euro (circa il 57,9% della spesa pubblica). La spesa previdenziale assorbe la metà delle risorse, ovvero il 50,9% della spesa sociale totale, a seguire, la spesa sanitaria (20,9%), quella in politiche sociali (16,1%) e la spesa in istruzione (12,1%).

Per il 2030 si prevedono risorse aggiuntive così ripartite: 60,6 miliardi di spesa previdenziale, 19,8 miliardi di spesa sanitaria, 6,8 miliardi di spesa per le politiche sociali, 7,6 miliardi di spesa in istruzione. La prevenzione rappresenta uno strumento per contrastare la dinamica crescente dei costi di welfare e stimolare la crescita economica: un euro investito in prevenzione genera a sua volta un ritorno di 14 euro sull’intera filiera socio-assistenziale del Paese.

Attraverso un’inedita riclassificazione delle voci di spesa del welfare, TEHA ha evidenziato come la spesa in welfare in Italia risulti troppo sbilanciata sulla «gestione del presente» con una quota complessiva sulla spesa totale del 78,9%, un valore 6,1 punti percentuali più alto rispetto alla media europea del 72,8%, e superiore rispetto alla quota della Francia (76,4%) e della Germania (75,4%). Di contro, la spesa dedicata alla «costruzione del futuro», ovvero gli investimenti rivolti alle nuove generazioni e alla prevenzione pesano solo per il 21,1% sulla spesa totale di welfare, un valore inferiore di 6,1 punti percentuali rispetto alla media europea del 27,2% e più basso rispetto alla quota dedicata a queste voci di spesa da Francia (23,6%) e Germania (24,6%). In termini assoluti, la Francia spende 150 miliardi di euro in più rispetto all’Italia, mentre la Germania 279 miliardi di euro.

Welfare Italia” ha quantificato per la prima volta in Italia, la filiera estesa del welfare italiano, composta da oltre 425.000 enti e oltre 4,3 milioni di lavoratori per un valore della produzione che supera i 200 miliardi di euro.

Secondo i risultati di uno studio Unipol, «se in Italia la quota di spesa sanitaria a carico delle famiglie (“out of pocket”) si riducesse di 10 punti percentuali e aumentasse della stessa entità quella intermediata dai fondi sanitari e compagnie di assicurazione, il risultato sarebbe una riduzione complessiva della spesa sanitaria pari a circa 7 miliardi di euro l’anno» ha detto Matteo Laterza, amministratore delegato di UnipolSai. I risparmi sarebbero ottenuti «per effetto di guadagni di efficienza dovuti a miglioramenti nelle procedure di acquisto dei beni e servizi sanitari e anche grazie a una ricomposizione della spesa a favore di prestazioni di medicina preventiva».

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