Il tema delle tasse e del loro pagamento è stato al centro del discorso di fine anno del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, affermando come «la Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune».
Parole da condividere, ci mancherebbe, ma l’appello presidenziale è di fatto disatteso in buona parte del Paese, specie quello dell’area Centro-Sud, dove l’evasione fiscale – e la mancanza di senso civico richiamato dal Presidente nel suo discorso agli italiani – è mediamente più elevata, con realtà del Sud che evadono giusto il doppio delle regioni del Nord, come testimoniano puntualmente i dati diffusi dal ministero dell’Economia e finanze.
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Non sarebbe guastato, oltre il richiamo al senso civico applicato al fisco, un maggior richiamo a chi le tasse le evade, ad iniziare dai cittadini di Puglia, Basilicata, Sicilia, Campania e Calabria ad un migliore comportamento tributario, evitando il lavoro nero e l’evasione di tasse e contributi sociali. Ma così non è stato, con Mattarella che si è limitato a volare alto, senza scendere nel particolare, assegnando a ciascuno i propri meriti e colpe. Peccato perché così si dà il destro a coloro che pensano come la Repubblica italiana sia di chi non rispetta i propri obblighi di cittadinanza e che evade e non paga le tasse.
Ma fa specie che, nonostante la maggiore evasione e l’acclarata incapacità degli amministratori locali e della relativa burocrazia di gestire la cosa pubblica e la relativa spesa, lo Stato continui ad allocare contingenti riservati di spesa pubblica proprio in queste realtà, ben sapendo che il rischio è o di non spendere in tempo o di spendere malamente alimentando lo spreco.
Insomma, a “Lo Schiacciasassi” sarebbe piaciuto un discorso presidenziale più puntuale e capace di cogliere il dettaglio, chiamando ciascuno alle proprie responsabilità, dai cittadini ad una maggiore onesta fiscale, alla politica nell’indicare alle cariche pubbliche non solo amici e fidati, ma anche personalità con provata esperienza e capacità di gestione.
Altrimenti, il rischio è sempre quello già visto, di un’Italia che continua a zoppicare con la palla al piede di un Mezzogiorno che non cresce e non si rende autonomo ed indipendente dall’assistenzialismo di Stato e delle regioni del Nord, realtà che potrebbero correre di più ma che non lo possono fare perché non dispongono di risorse sufficienti per farlo, bloccate per riserva di legge laddove, oltre a non essere in grado di correre e di competere internazionalmente, non riescono nemmeno a spenderle in modo utile ed efficiente.
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