Sul tema delle tasse, il governo Meloni fa scattare il secondo tempo, dopo il primo che ha riguardato i primi due scaglioni di reddito, unificati al 23%. «Abbiamo fatto un primo passo per venire incontro alle fasce medio basse, ma ora dobbiamo occuparci del ceto medio» ha detto il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo.
«Chi guadagna 55.000 euro non può essere considerato un super ricco e oggi questi soggetti pagano oltre il 50% di tasse. Su questo tema bisogna intervenire e prima di farlo dobbiamo reperire le risorse per poter procedere – prosegue Leo -. Non abbiamo uno strabismo nei confronti del lavoro autonomo, vogliamo fare in modo che tutti i contribuenti abbiano un trattamento fiscale più agevolato».
Leo ha commentato le parole del presidente del Consiglio che ha detto che «le tasse non sono bellissime» parafrasando una frase celebre dell’ex ministro Tomaso Padoa Schioppa che aveva affermato che «pagare le tasse è bellissimo»: «le tasse si devono pagare, però è certo che meno si pagano, ma le facciamo pagare a tutti quanti, meglio il sistema funziona».
Il viceministro alle Finanze ha ribadito come la fedeltà fiscale è un valore e che «noi ci teniamo alla fedeltà fiscale, però nel momento in cui abbiamo delle situazioni che devono emergere, dobbiamo farle emergere gradualmente, altrimenti rischiamo di non riuscire mai a portare a casa i risultati».
Ad essere interessati al secondo tempo della riforma fiscale, l’eventuale riduzione delle tasse sui redditi superiori a 50.000 euro interesserebbe solo il 5,6% dei contribuenti italiani persone fisiche. Sul totale di circa 41,5 milioni di soggetti a prelievo fiscale sui redditi derivanti da lavoro dipendente o da pensione, quelli che percepiscono retribuzioni o assegni superiori a 50.000 euro sono 2,3 milioni mentre, secondo il Centro studi di Unimpresa, i restanti 39,1 milioni si collocano nella fascia inferiore a 50.000 euro.
Il totale dei contribuenti italiani è pari a 41.524.064 di soggetti. Di questi, 10.049.514 (24,2%) guadagnano fino a 7.500 euro, 8.090.485 soggetti hanno redditi fino a 15.000 euro (19,5%), altri 14.592.227 contribuenti fino a 29.000 euro (35,1%), 6.455122 fino a 50.000 euro (15,5%), mentre oltre questa soglia figurano solo 2.336.716 persone (5,6%). Ne consegue che, secondo il Centro studi Unimpresa, sotto quota 50.000 euro di reddito figurano tutti 39.187.348 soggetti pari al 94,4% del totale.
Gli attuali scaglioni Irpef sono tre: 23% fino a 28.000 euro, 35% fino a 50.000 euro e 43% oltre 50.000 euro. A questi tre livelli di prelievo fiscale sui redditi si aggiunge una no tax area, grazie alla quale sono esenti da imposta i redditi fino a 8.500 euro.
C’è anche un altro aspetto che la riforma fiscale deve prendere in considerazione da subito: il prelievo sulla redditività dei fondi pensione delle casse previdenziali privatizzate, che ogni anno subiscono il taglio del 20% sui rendimenti maturati nel corso dell’anno. Una situazione che costituisce un unicum, che finisce con il penalizzare doppiamente il mondo delle professioni, dell’impresa e del lavoro autonomo, riducendo il montante contributivo finale che darà origine al trattamento pensionistico che, con il sistema di calcolo contributivo, sarà decisamente magro di suo. E renderlo ancora più magro con la gabella fiscale annuale sui rendimenti, grazie anche ad un odioso provvedimento del governo Renzi, è una situazione che deve essere sanata al più presto dal governo Meloni.
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