Superstrada Pedemontana Veneta, primo buco da 30 milioni nel bilancio della regione Veneto

Per tapparlo, la giunta Zaia rialza tra le proteste delle imprese l’addizionale Irap. Fallisce il primo tentativo della Lega di scaricare i costi della SPV sul bilancio statale.

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superstrada pedemontana veneta

I 94 chilometri della Superstrada Pedemontana Veneta iniziano a creare effetti negativi sul bilancio della regione Veneto, specie dopo il cambio degli accordi finanziari con il concessionario, che per completare l’opera, oltre ad un contributo pubblico accresciuto, ha scaricato il rischio d’impresa sulla regione, ottenendo per i 39 anni della concessione un canone fisso, mentre i pedaggi sono incassati direttamente dal concedente, sempre la regione Veneto.

Questo meccanismo, complice un traffico ancora molto basso causa i pedaggi piuttosto cari, ha fatto si che gli incassi da traffico da parte della Regione siano stati inferiori all’ammontare del canone da corrispondere al concessionario, il consorzio italo spagnolo composto dalla Dogliani e alla Sacyr. A fronte di un costo di realizzazione passato dai preventivati 2,1 miliardi ai 3 di fine cantiere e di un contributo pubblico di 615 milioni di euro dallo Stato e 300 milioni dalla regione Veneto, il concessionario ha investito a debito con le banche 1,3 miliardi. A fine della concessione di 39 anni, nel 2059, il concessionario avrà incassato la bella cifra di 15 miliardi di euro tra anticipazioni pubbliche e canoni annui. Un bell’affare, non c’è che dire, probabilmente capestro per il concedente, secondo molti.

Ora, il peso del canone da corrispondere al concessionario ha scavato nel bilancio della regione Veneto un bel buco di 30 milioni di euro, destinato a ripetersi se non a moltiplicarsi nei prossimi anni, almeno fintanto che il traffico non sarà cresciuto in modo deciso. Intanto, per fare quadrare il bilancio 2025, l’assessore regionale ai conti, Francesco Calzavara, ha annunciato che la giunta Zaia ritoccherà al rialzo l’addizionale Irap tra lo 0,1 e lo 0,5% per le 148.000 imprese della regione, che hanno subito protestato per l’aggravio dei costi autostradali scaricato sulle loro spalle.

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Ma quello che più ha suscitato le critiche delle opposizioni in Regione, specie da parte del Pd, è stato il tentativo da parte di Zaia di scaricare i costi della Superstrada Pedemontana Veneta sui contribuenti italiani tutti, perché quando si parla di schei è sempre meglio evitare di toccare quelli nelle tasche dei Veneti. Di qui una serie di incontri e colloqui con il ministro alle Infrastrutture e trasporti, incidentalmente segretario pro tempore della stessa Lega cui appartiene Zaia, Matteo Salvini, il qualche ha promesso di valutarne la fattibilità.

Intanto, per i consiglieri regionali del Pd, Anna Maria Bigon e Andrea Zanoni, «nel bilancio regionale 2023-2025 è contabilizzato il buco di oltre 65 milioni nel triennio. E nei prossimi anni, in presenza di una convenzione di 39 anni a canoni crescenti andrà pure peggio».

Di fatto, quello siglato nel 2017 con il consorzio Dogliani-Sacyr è stato un contratto capestro per il concedente, così come spesso accade per amministratori pubblici troppo vogliosi di realizzare opere pubbliche valorizzando i presunti vantaggi per il territorio e per la popolazione, sorvolando sugli aspetti negativi, sempre sottovalutati in tutti i piani finanziari.

Certo, la Superstrada Pedemontana Veneta è utile al territorio per risolvere problemi di viabilità annosi, ma le modalità scelte per la sua realizzazione dimostrano ancora una volta la scarsa lungimiranza della politica, perché altri scenari avrebbero potuto essere percorsi, a partire dal coinvolgimento del Cau, il concessionario del passante autostradale di Mestre e della Padova-Mestre, oltre che quell’autentica gallina dalle uova di platino che è l’autostrada Brescia-Padova, società controllata dalla spagnola Abertis a sua volta posseduta al 50% dalla Mundys della famiglia Benetton, quella del crollo del ponte di Genova, che inizialmente, nel 2002, faceva parte del gruppo di società promotrici del progetto della Superstrada Pedemontana Veneta assieme ad Autostrade per l’Italia, Autovie Venete e a Banca Antonveneta.

Agendo sul fatto che la concessione dell’A4 Brescia-Padova è stata prorogata al 2026 solo dietro l’impegno della concessionaria a completare l’autostrada della Valdastico nella parte sudcompletata – e in quella nordnon realizzata – si poteva arrivare ad una caducazione anticipata della concessione per inadempimento, spostandone la gestione all’interno del Cau, la cui compagine azionaria è composta al 50% da Anas e regione Veneto. Proprio la presenza di un braccio dello Stato come l’Anas poteva dare luogo allo spostamento della concessione A4 Brescia-Padova direttamente in capo a Cau, utilizzando i ricchissimi utili per finanziare la Superstrada Pedemontana Veneta e tutta la rete infrastrutturale del NordEst.

Ma ancora una volta la miopia della politica locale e nazionale ha colpito e gli effetti li tocca Zaia alle prese con l’ultimo bilancio della sua quindicennale storia di Doge del Veneto, costretto a ravanare nelle tasche dei Veneti dopo 15 anni in cui si è sempre vantato di non avere toccato le addizionali regionali. E poco importa se invece di quelle dei cittadini contribuenti ravana nelle tasche delle imprese, che nella stragrande maggioranza dei casi in Veneto sono quelle di tanti piccoliparondecisamente incazzati.

 

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