Il dossier appena pubblicato dal Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati sulle società a partecipazione pubblica è impietoso e fotografa un quadro desolante di spesa improduttiva e spesso clientelare, come quella delle società pubbliche con perenni conti in rosso o con dentro solo i vertici (presidente, amministratore delegato, consiglieri) di nomina politica, senza alcun dipendente.
Il quadro è impietoso: su 7.969 società a partecipazione pubblica (statale, regionale, provinciale o comunale), quelle attive sono 5.622, quelle in rosso 287 e 559 sono senza addetti e 327 hanno più amministratori che dipendenti. Il settore delle società a partecipazione pubblica vede poi la presenza complessiva di 908.511 addetti, spesso assunti senza alcuna forma di concorso pubblico.
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Il problema è che negli ultimi anni, nonostante il decreto del “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” del 2016, le società in rosso o che hanno solo i vertici amministrativi invece di essere chiuse o fuse con altre società operative continuano tranquillamente a prosperare, con i vertici che lucrano spesso ricche indennità di carica e pure i benefit annessi. Il colmo è che le amministrazioni azioniste ben si guardano dal rispettare il decreto del 2016, provvedendo a ripianare a piè di lista con aumenti di capitale i buchi nei bilancidelle società.
Insomma, i governi di centro sinistra e pure quello dei “migliori” a guida di Mario Draghi hanno ampiamente deluso, proseguendo tranquillamente nell’andazzo di utilizzare le società pubbliche come poltronificio o assuzionificio per i peones della politica o per sistemare lautamente qualche trombato.
Ora tocca alla premier Giorgia Meloni, che ha le mani libere per incidere nella mano morta che ha ricevuto in eredità dai governi quasi tutti a guida Pd o da tecnici d’area, agire e fare pulizia: più che a dire “ora tocca a noi”, come purtroppo già si sente dire, sarebbe meglio che tocca a Meloni sporcarsi le mani fino al gomito e tagliare la morchia che si è sedimentata in anni di malagestione della cosa pubblica, coincisi con la crescita abnorme del debito pubblico.
Sarebbe bello ricordare Giorgia Meloni non tanto per essere stata la prima premier donna della storiarepubblicana, ma anche colei che da buona madre di famiglia (e l’Italia non è altro che una grande famiglia) taglia, riassetta, ricuce la spesa pubblica, spendendo dove c’è da spendere o da investire e tagliando dove c’è da tagliare, senza riguardi per alcuno.
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