Riforma istituzionale: premierato e autonomia passano il voto parlamentare

Camera e Senato approvano quasi contemporaneamente le due proposte di legge. Cammino ancora lungo. Le opposizioni che protestano sono quelle che al potere avevano proposto gli stessi argomenti.

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riforma istituzionale

In poche ore l’una dall’altra, il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato la riforma istituzionale del Premierato e a quella sull’Autonomia differenziata, mettendo un primo punto fermo ad un cammino che sarà ancora lungo e periglioso, specie per il Premierato che è una riforma costituzionale che prevede un iter rafforzato.

Il Premierato, che modifica la Costituzione, è al primo passaggio parlamentare su quattro e, senza la maggioranza qualificata dei due terzi del Parlamento che al momento non è lecito intravvedere, ci sarà il referendum confermativo con la chiamata alle urne degli elettori. La riforma istituzionale dell’Autonomia, approvata a notte fonda, è invece legge a tutti gli effetti in quanto legge ordinaria alla seconda approvazione.

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Il Premierato prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio, ma prima dell’entrata in vigore sarà necessaria una nuova legge elettorale che, molto probabilmente sarà improntata al doppio turno, magari con il ritorno alle preferenze per evitare lo sconcio delle liste bloccate; limite di due mandati consecutivi, ciascuno di 5 anni; il Premier nomina e revoca i ministri, mentre il Presidente della Repubblica conferisce al Presidente del Consiglio eletto l’incarico di formare il Governo; entro 10 giorni dalla sua formazione il Governo si presenta alle Camere per il voto di fiducia. Se non viene dato, il Presidente della Repubblica ridà l’incarico al premier eletto che può fare un nuovo Governo con una diversa squadra di ministri e maggioranza. Se anche in questo caso non ottiene la fiducia allora il capo dello stato scioglie le Camere; se il Governo, nel corso del suo mandato, viene sfiduciato, il Presidente della Repubblica scioglie le Camere. Nel caso di dimissioni, invece, il premier eletto può chiedere lo scioglimento delle Camere al Presidente della Repubblica. Se il premier eletto non esercita questa possibilità, il Capo dello stato conferisce l’incarico di formare il governo, per una sola volta, al presidente dimissionario che può cambiare maggioranza, o a un parlamentare eletto in collegamento con il presidente del Consiglio; non ci saranno più senatori a vita.

Quanto all’Autonomia differenziata, la legge attua il Titolo V della Costituzione ed è composto di 11 articoli in cui definisce le procedure legislative e amministrative per l’applicazione del terzo comma dell’articolo 116 della Costituzione.

Il la riforma istituzionale sull’Autonomia serve a definire le intese tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’Autonomia nelle 23 materie indicate nel provvedimento. Tra queste anche la tutela della salute oltre a istruzione, sport, ambiente, energia, trasporti, cultura e commercio. Di queste, per 14 bisognerà definire i Livelli essenziali di prestazione (Lep), cioè i criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito; principi di trasferimento delle funzioni, concesso solo successivamente alla determinazione dei Lep e nei limiti delle risorse previste nella legge di Bilancio; creazione di una cabina di regia, composta da tutti i ministri competenti e da una segreteria tecnica presso il Dipartimento per gli Affari regionali della Presidenza del Consiglio; entro 24 mesi dall’entrata in vigore bisognerà individuare i Lep, Stato e Regioni avranno 5 mesi per arrivare ad un accordo, e le intese potranno durare fino a 10 anni; con clausola di salvaguardia, il Governo può sostituirsi agli organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle province e dei comuni quando si riscontri che questi sono inadempienti rispetto ai trattati comunitari, oppure se vi sia pericolo grave per la sicurezza pubblica.

Comunque la si giri, la legge sull’Autonomia differenziata è sottoposta alla spada di Damocle dei Lep e dei relativi costi da coprire, costi che l’attuale stato di salute del bilancio nazionale non permette, se non a costo di aumentare ulteriormente il già ingente debito pubblico. Ragion per cui, la reale attuazione della riforma istituzionale andrà per le lunghe, molto per le lunghe.

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