La presidente della Banca centrale europea (Bce), la francese Christine Lagarde, ha confermato il prossimo aumento dello 0,5% del tasso di sconto portandolo allo 3,5%, avallando lo scenario di un’ulteriore crescita nei prossimi mesi, così come richiesto dall’ala dei “falchi” della Bce che chiedono una rapida stretta con rialzo dei tassi per stroncare l’inflazione galoppante.
Il problema è che innalzando i tassi il risultato finale rischia di essere controproducente, innescando una frenata più ampia del desiderato dell’economia, con pesanti ricadute sull’economia europea. Una situazione che gli Stati Uniti stanno già sperimentando, come riporta il “Wall Street Journal”, secondo cui il settore manifatturiero americano inizia a mostrare segni di debolezza dopo due anni di forte crescita, a causa delle ripercussioni sulla produzione dei rialzi dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve e del rallentamentodelle esportazioni.
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I nuovi ordini di prodotti finiti si sono contratti per il sesto mese consecutivo a febbraio e la produzione è in calo dell’1,7% rispetto al picco post-pandemico del maggio scorso e a gennaio gli ordini di beni strumentali civili (con l’esclusione degli aerei) sono diminuiti del 3,4% rispetto al novembre del 2021. Dati che, secondo l’economista di Barclays, Jonathan Millar, suggeriscono «che i consumatori e le imprese iniziano a ritrarsi a fronte dell’incertezza economica». Un rallentamento della produzione manifatturiera, sottolinea il “Wsj”, potrebbe essere un segnale negativo per l’intera economia statunitense: il settore rappresenta solo l’11% del prodotto interno lordo, ma storicamente le sue tendenze anticipano quelle di altri comparti.
In Italia è allarme rosso tra le imprese, specie tra quelle più piccole. «Il credit crunch non sarà più un rischio, ma una prospettiva inevitabile con il nuovo, inspiegabile rialzo dei tassi d’interesse ormai annunciato dalla Banca centrale europea: portare il costo del denaro dall’attuale 3% al 3,5% cagionerà maggiori difficoltànell’accesso al credito bancario da parte delle aziende e in particolare da parte della micro, piccole e medieimprese del nostro Paese – dichiara il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -. L’atteggiamentoincomprensibile della Bce avrà pertanto avere effetti negativi sul ciclo economico causando, anzitutto, una diminuzione della liquidità per le Pmi, pregiudicando la regolarità dei pagamenti, riducendo le prospettive di investimento e azzerando la possibilità di creare nuova occupazione. In sostanza, sarà una sciagura che nessuno pare in grado di poter contrastare».
Per Spadafora «nell’immediato, il guadagno è assicurato alle sole banche, visto che la cosiddetta forbice dei tassi si è già allargata, a partire dallo scorso mese di luglio, quando c’è stato il primo rialzo del costo del denaro, tutta sul fronte dei tassi sui prestiti e poco o nulla sulla remunerazione della raccolta ovvero dei conti correnti e dei depositi. Tuttavia, occorre evidenziare che l’atteggiamento degli istituti di credito appare miope: l’immediato vantaggio che si assicurano, in termini di maggior profitto e quindi di dividendi da distribuire agli azionisti, viene, nel medio periodo, annacquato dal fortissimo rischio di veder peggiorare la qualità del credito, facendosalire le sofferenze e quindi gli accantonamenti. E preoccupa l’assordante silenzio della politica e del governo in particolare perché un deterioramento pesante del credito potrebbe avere ripercussioni pesantissime sulla crescita economica del 2023 e degli anni successivi».
La manovra al rialzo dei tassi europei rischia di squassare i conti dello Stato italiano, alle prese con la gestionedi oltre 2.750 miliardi di debito pubblico, che alla voce pagamento degli interessi sborsa ogni anno oltre 70 miliardi di euro. «Il rialzo dei tassi pone problemi seri per chi ha bilanci fortemente indebitati come quello italiano – ha detto il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti -. L’approccio del governo sui conti pubblici è stato prudente e responsabile e continueremo in questo senso. Avere conti in ordine è un’esigenza assoluta per il nostro Paese, che deve mantenere la fiducia dei mercati allo scopo di evitare un aumento dei costi di finanziamento ed evitare ripercussioni per famiglie e imprese. Il debito rispetto al Pil si attesta al 144,7% nel 2022, sarà il punto di riferimento in relazione anche alla discussa e in discussione revisione della governance economica europea».
Quanto all’inflazione, secondo il ministro Giorgetti, «ha un impatto sulla dinamica di imprese e soprattutto famiglie, per quanto riguarda il reddito disponibile. E il tentativo di riportare i prezzi sotto controllo attraverso l’incremento del costo del denaro cambia completamente il modo di ragionare, di agire e anche i costi della distribuzione sulle imprese».
Sul fronte dei “falchi”, il governatore della Banca centrale austriaca, e componente del direttivo dei governatori della Bce, Robert Holzmann, chiede rialzi dei tassi da mezzo punto a ognuna delle quattro riunioni fino a luglio, affermando di credere che «l’inflazione “core” non si indebolirà significativamente nel primo semestre dell’anno e rimarrà agli attuali livelli». Lo scenario di un tasso di sconto finale al 5% e anche oltre è sempre più vicino.
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