Reddito di cittadinanza, fine corsa dopo 31 miliardi sprecati

Il provvedimento M5s è solo stato un volano clientelare nei collegi di Campania e Sicilia. Ora c’è la questione del lavoro povero: in 11 anni si è ampliata la forbice del reddito tra Italia e Ue.

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Reddito di cittadinanza

Per il reddito di cittadinanza è arrivato il fine corsa, dopo quattro anni caratterizzati da sprechi, truffe e fugadal lavoro, soprattutto nelle realtà del centro sud dove il provvedimento votato dal governo Conte I con la connivenza della Lega Salvini ha avuto la massima concentrazione di percettori.

In poco più di quattro anni, il reddito di cittadinanza è costato oltre 31 miliardi ed è andato a 1.148.010 famiglie, con assegni medi mensili da 538,64 euro. I dati sono dell’Inps e coprono il periodo che va da aprile 2019, quando il governo Lega-M5s ha introdotto la misura, e lo scorso giugno.

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Due regioni, la Campania e la Sicilia, da sole hanno incamerato il 43% dei sussidi. E in città come Napoli (15,82%) e Crotone (15,72%) una famiglia su sei ha preso il Rdc. Considerate l’evasione fiscale e l’alto numero di truffe scoperte, il provvedimento fortissimamente voluto da Luigi Di Maio non ha assolutamente abolito quella povertà del proclama da balcone di Palazzo Chigi del settembre 2018. Tutt’altro: ha portato alla povertà intere fasce sociali che prima di allora mai avevano sperimentato la povertà, a partire proprio dalle scellerate decisioni prese dal governo Conte 2 e Draghi per la gestione della pandemia da Covid.

Tornando ai dati forniti dall’Inps, dall’aprile 2019 al giugno 2023 per il reddito di cittadinanza sono stati spesi 31,5 miliardi di euro. L’importo medio degli assegni è stato di 538,64 euro, con una media nel periodo di 1.148.010 famiglie beneficiarie. Il picco si è toccato a luglio 2021 con 1,4 milioni di famiglie e 767 milioni di spesa, mentre a giugno 2023 i nuclei familiari erano calati a poco più di un milione, per 511,6 milioni di costo totale.

Il fallimento del provvedimento grillino si misura anche sulle politiche di avviamento al lavoro che dovevano accompagnare il reddito di cittadinanza, a partire da quello dei “navigator”, che alla fine è riuscito a coinvolgere 108.289 persone coinvolte in corsi di formazione, orientamento e avviamento al lavoro.

La fine del reddito di cittadinanza coincide con il ritorno in auge dei lavori stagionali, con la soddisfazione degli operatori del turismo, del commercio e dei servizi che possono tornare a contare sulla disponibilità di collaboratori per coprire i picchi stagionali di domanda, prima scomparsi.

Ma c’è dell’altro. Il governo Meloni deve rapidamente preoccuparsi del problema del lavoro sempre più poveroe diffuso in Italia, perché i redditi medi dei lavoratori italiani sono rimasti al palo da almeno una decina d’anni, mentre quello degli altri grandi paesi Ue è cresciuto e anche di molto.

A livello europeo, il reddito medio lordo annuo di un lavoratore è di 33.511 euro, 3.560 euro in più di un lavoratore medio italiano che si ferma a 29.951 euro lordi all’anno. In vetta alla classifica dei lavoratori più pagati dell’Unione ci sono i lussemburghesi con 72.247 euro lordi l’anno, che staccano ampiamente i danesicon 63.262 euro e gli irlandesi a chiudere il podio con 50.347 euro. Differenze sensibili anche tra i maggiori paesi europei, dove un lavoratore tedesco guadagna 44.404 euro lordi all’anno, 14.453 in più di un italiano, mentre uno francese guadagna 40.135 euro lordi l’anno, 10.184 in più di un italiano. Peggio degli italiani stanno gli spagnoli con 28.184 euro lordi l’anno, i portoghesi con 19.301 e i greci con 15.879 euro.

Secondo le statistiche, fino al 2010 un lavoratore dipendente italiano guadagnava più della media europea, mentre a partire dal 2011 si è verificato il sorpasso che è via via cresciuto passando dai 240 euro del 2011 ai 1.000 nel 2014, 2.000 nel 2019, 4.013 nel 2020 per poi scendere a 3.560 nel 2021.

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