Le quattro parole (“più sacrifici per tutti”) pronunciate l’altro giorno dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel corso di un’intervista a Bloomberg stanno terremotando la politica politicante, con la corsa affannosa dei vari leader a scaricare la rogna del taglio della spesa sui colleghi di coalizione o sui soliti percettori di extraprofitti. Di fatto si è innescata una corsa allo scaricabarile, quando dovrebbe esserci una professione di responsabilità e di presa di coscienza che l’azione del governo Meloni deve uscire dalle logiche della spesa facile e dello scialo che hanno caratterizzato le stagioni precedenti e, parzialmente, pure quella attuale, con la sola spesa dei ministeri cresciuta di ben 42 miliardi in un solo anno.
Per tracciare un quadro attendibile della spesa pubblica, il Centro studi Unimpresa ha fatto il punto sulle voci di spesa del bilancio statale, partendo dal 2023 e proiettandosi fino al 2027, evidenziando una corsa al rialzo della spesa pubblica.
Da un esame del budget annuale dei ministeri italiani, emerge che reperire 3 miliardi di euro per finanziare integralmente la prossima legge di bilancio non dovrebbe essere una sfida insormontabile per il governo Meloni e per il ministro Giorgetti. Questa somma, apparentemente rilevante, rappresenta infatti solo lo 0,56% della spesa corrente netta dei ministeri: un importo marginale rispetto all’intero bilancio: basta uno sforzo minimo per poter intercettare sacche di sprechi e tagliare costi inutili o superflui. Senza agitare lo spettro del “più sacrifici per tutti”.
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Nel 2023, ad esempio, il totale delle spese correnti al netto degli interessi si attesta sui 531 miliardi su un totale di 1.146 miliardi di uscite dalle casse dello Stato, e la situazione nei prossimi anni non mostra variazioni sostanziali. Dai dicasteri usciranno 543 miliardi nel 2024, 536 miliardi nel 2025 e 532 miliardi nel 2026. Anche per il 2027, l’ultimo anno del periodo considerato, la spesa netta prevista è di circa 531 miliardi.
«L’analisi dei dati evidenzia che una riduzione dello 0,56% potrebbe essere ottenuta mediante una serie di interventi mirati di “spending review”, senza compromettere la funzionalità dei servizi essenziali – spiega il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora -. Questo margine, seppur esiguo, offre al governo una flessibilità operativa che potrebbe rivelarsi cruciale nel raggiungimento degli obiettivi di bilancio. Sarebbe sufficiente un’attenta revisione delle spese in alcune aree non strategiche per liberare le risorse necessarie, riducendo così il ricorso a tagli più consistenti o all’introduzione di nuove tasse».
Per Spadafora «in sostanza, se si considera l’enorme mole del budget a disposizione dei ministeri, si può sostenere con ragionevolezza che il governo potrebbe reperire questi 3 miliardi con relativa facilità. Con una gestione oculata delle risorse, è infatti possibile rispondere alle esigenze di bilancio senza gravare ulteriormente sulle finanze pubbliche o sui cittadini. Pertanto, l’entità della spesa ministeriale suggerisce che la copertura finanziaria per la prossima legge di bilancio è una questione di priorità e di buona amministrazione, piuttosto che di scarsità di fondi». Non solo, potrebbe con un po’ di maggiore applicazione, spingersi anche oltre, magari fino a raggiungere i 10 miliardi di risparmi.
Secondo il Centro studi di Unimpresa, che ha rielaborato dati del ministero dell’Economia e della Finanze, il dato sulla spesa dei ministeri si inserisce nel più ampio contesto generale della spesa pubblica. Nel 2023, il totale delle uscite dal bilancio statale ammonta a 1.146 miliardi. Di questi, 960 miliardi sono spese correnti, con le prestazioni sociali in denaro che costituiscono una delle voci più rilevanti a 424 miliardi, seguite dalle pensioni a 319 miliardi. Gli stipendi dei dipendenti pubblici assorbono 186 miliardi, mentre i consumi intermedi raggiungono i 174 miliardi. La spesa sanitaria ammonta a 131 miliardi, e altre spese correnti pesano per 96 miliardi. Gli interessi passivi, che rappresentano il costo del debito, sono pari a 79 miliardi. Sul fronte delle spese in conto capitale, il totale è di 186 miliardi, con investimenti fissi lordi a 67 miliardi e contributi agli investimenti che pesano per 111 miliardi.
Nel 2024, il totale delle spese scende a 1.106 miliardi di euro. Le spese correnti aumentano a 993 miliardi, con le prestazioni sociali in denaro che salgono a 447 miliardi e le pensioni a 337 miliardi. Gli stipendi dei dipendenti pubblici aumentano a 196 miliardi, mentre i consumi intermedi si attestano a 177 miliardi. La spesa sanitaria cresce a 139 miliardi, mentre altre spese correnti calano a 88 miliardi. Gli interessi passivi aumentano a 85 miliardi, contribuendo al peso del debito. Le spese in conto capitale calano drasticamente a 113 miliardi, con investimenti fissi lordi che raggiungono i 68 miliardi e contributi agli investimenti che scendono a 41 miliardi.
Nel 2025, il totale delle spese è pari a 1.136 miliardi di euro, con spese correnti a 1.016 miliardi. Le prestazioni sociali in denaro continuano a crescere fino a 456 miliardi e le pensioni raggiungono i 346 miliardi. Gli stipendi del personale pubblico restano stabili a 198 miliardi, mentre i consumi intermedi salgono a 181 miliardi. La spesa sanitaria aumenta a 142 miliardi, e altre spese correnti ammontano a 92 miliardi. Gli interessi passivi si incrementano ulteriormente, arrivando a 89 miliardi. Le spese in conto capitale aumentano leggermente a 120 miliardi, con investimenti fissi lordi che toccano i 78 miliardi e contributi agli investimenti a 36 miliardi.
Nel 2026, il totale delle spese raggiunge 1.148 miliardi di euro. Le spese correnti salgono a 1.032 miliardi, con le prestazioni sociali in denaro che raggiungono i 468 miliardi e le pensioni che arrivano a 356 miliardi. Gli stipendi per il lavoro dipendente si attestano a 199 miliardi, mentre i consumi intermedi ammontano a 181 miliardi. La spesa sanitaria sale a 145 miliardi, e altre spese correnti si riducono a 89 miliardi. Gli interessi passivi raggiungono i 96 miliardi. Le spese in conto capitale calano a 116 miliardi, con investimenti fissi lordi a 76 miliardi e contributi agli investimenti a 34 miliardi.
Infine, nel 2027, il totale delle spese è pari a 1.146 miliardi di euro. Le spese correnti aumentano a 1.053 miliardi, con prestazioni sociali in denaro a 481 miliardi e pensioni che toccano i 368 miliardi. Gli stipendi del personale pubblico si riducono leggermente a 198 miliardi, mentre i consumi intermedi sono stabili a 182 miliardi. La spesa sanitaria continua a crescere, raggiungendo i 147 miliardi, e altre spese correnti scendono a 89 miliardi. Gli interessi passivi aumentano ulteriormente, arrivando a 104 miliardi. Le spese in conto capitale calano a 93 miliardi, con investimenti fissi lordi che si attestano a 70 miliardi e contributi agli investimenti ridotti a 17 miliardi.
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