Manifattura europea (e italiana), che disastro!

Dopo l’automotive entra in crisi il settore del “bianco”, con la produzione di grandi e piccoli elettrodomestici sempre più delocalizzato fuori Europa nei paesi a basso costo e tutele.

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manifattura europea

La manifattura europea (e italiana) si avvia al disastro complice le scelte errate della politica e la mancanza di strategie coerenti con il mercato da parte di manager strapagati, specie nel settore dell’automobile che non è più solo nella crisi, visto che il “bianco”, quello dei grandi e piccoli elettrodomestici, lo accompagna con sempre più convenzione.

Nel campo dei grandi elettrodomestici, frigoriferi, lavatrici, piani cottura, ecc, i tedeschi di Miele hanno annunciato tagli per 1.300 posti di lavoro; Bosch, con il suo marchio Bsh, intende tagliare mille posti nel 2024 (450 in Germania e 550 all’estero) per salire a 3.500 entro il 2027. In Italia, Haier ha annunciato 113 esuberi alla Candy di Brugherio (Monza) che saranno gestiti con uscite volontarie. Electrolux che in Italia ha cinque stabilimenti e circa 5.000 dipendenti, ha chiuso il terzo trimestre 2024 di nuovo con una perdita di 20,5 milioni di euro. I lavoratori della fabbrica Electrolux di Porcia (Pordenone) sono molto preoccupati circa il loro futuro, per via del continuo calo della produzione: quella 2024 sarà attorno alle 680/690.000 lavatrici nell’ipotesi più ottimistica, ma sempre meno delle 750.000 che ripagano la fabbrica, mentre il prossimo anno si prevede di scendere a 620.000 pezzi.

Non va meglio Beko Europe, il gruppo turco che in Italia (e in Europa) ha rilevato le attività di Whirlpool da aprile scorso con 4.638 dipendenti in Italia, che deve fronteggiare una situazione ben peggiore delle attese, e parlano di oltre 200 milioni di perdite l’anno negli ultimi 7-8 anni, co uno scenario di tagli produttivi quasi certo che potrebbe interessare il sito senese che produce congelatori a pozzetto o quello di Comunanza nelle Marche che riguarda le lavatrici Indesit che, nella geografia del gruppo Beko, sono prodotte anche in Polonia, Slovacchia, Romania oltre che nella fabbrica Indesit di Manisa, in Turchia, che Whirlpool ha venduto a Beko nel 2021.

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Produrre grandi elettrodomestici in Europa è sempre più problematico, complice, oltre al caro energia e manodopera, anche i criteri Ets legati alle emissioni di CO2, per non dire della concorrenza sempre più forte che arriva dai produttori asiatici, cinesi e coreani su tutti, che in dieci anni, dal 2015 al 2024, sono passati dal 23 al 48% del mercato europeo, a fronte di un calo dal 67 al 49% della manifattura europea, che vede vendite in continuo calo (-16% nel primo semestre 2024; -20% nel 2023).

Electrolux e Beko guardano sempre più intensamente fuori dei confini europei, con la Polonia per la prima e la Turchia per la seconda, oltre all’Egitto, dove ha appena fatto un investimento da 100 milioni di dollari per produrre elettrodomestici destinati al mercato europeo e dei paesi del Golfo. Egitto che ha già attirato i cinesi di Haier, oltre a Midea, con Bosch che sta valutando seriamente le opportunità.

Sul fronte automotive la situazione italiana è sempre più grave, visto che la quota di vendite in Europa di Stellantis è calata a settembre del 27,1%, con una quota di mercato complessiva del 17,2%, mentre Toyota e Bmw sono cresciute, rispettivamente del 5,1% e del 7,6%, mentre Volkswagen per un pelo è rimasta in territorio positivo (+0,3%).

La crisi Stellantis proseguirà anche nel 2024, con un “rosso” stimabile tra i 5 e i 10 miliardi di euro a livello di gruppo, mentre le fabbriche italiane lavorano al rallentatore se non sono ferme del tutto, visto che da gennaio a settembre 2024 in totale hanno prodotto solo 387.000 veicoli, in calo del 31,7%, ben lontano da quel milione di pezzi auspicato dal governo Meloni. E calati sono pure i dipendenti, con 3.000 in meno a giugno e altri 3.800 in procinto di esserlo tramite uscite incentivate.

Il problema più grave di Stellantis sotto la gestione di Carlos Tavares è la mancanza di nuovi modelli prodotti in Italia, dove l’unico che va è la vecchia Panda appena sottoposta a un rinnovamento nell’accessoristica di sicurezza per poterla continuare a vendere, mentre la nuova Panda sarà prodotta in Serbia. Ancora più grave è la situazione per Maserati, che ormai galleggia con solo due modelli, mentre l’Alfa Romeo ha perso la rotta del rilancio che aveva tracciato l’ex boss di FCA Sergio Marchionne, con la Giulia e la Stelvio a fine carriera e molte nubi sul loro futuro. E con la Lancia ridotta al momento ad un clone della Peugeot 208, dove si parla di una nuova Delta e Gamma, annunciate per il 2026, ma slittate dopo soli pochi giorni ad un indefinito 20272028, senza alcuna certezza circa il sito produttivo.

Che conclusioni trarre? Che l’Europa se non vuole morire sotto il maglio del Green Deal è necessario riporre ogni velleità ambientalista e riprendere la rotta dello svilupposostenibile, ma non ad ogni costo. Già oggi, l’efficienza ambientale europea e le relative emissioni sono tra me migliori a livello globale. Pretenderle di azzerare completamente l’impatto ambientale si sta rivelando velleitario e decisamente costoso, sia sotto l’aspetto sociale oltre che quello economico, come stanno a dimostrare le delocalizzazioni sempre più forti della manifattura europea per sfuggire all’eccesso di costi ambientali.

 

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