La svolta ecotalebana intrapresa dall’Unione Europea sotto la spinta dell’ex vicepresidente della Commissione, il socialista olandese Frans Timmermans, pare destinata a sgonfiarsi come un sufflè a solo poche settimane dalle sue dimissioni per partecipare alle elezioni politiche nel suo paese, con l’Europarlamento che sperimentamaggioranze inedite con cui sono state sostanzialmente bocciate le norme Euro 7 e la riqualificazione energetica obbligatoria degli edifici.
Questa settimana dall’Europarlamento sono giunti due importanti segnali di una sostanziale svolta politica, in attesa che le elezioni europee del giugno 2024 possano portare ad un riassetto politico. Prima è toccato all’approvazione del rinviodell’entrata in vigore delle norme Euro 7 per la mobilità leggera e pesante che passa dal 2025 al 2031, con uno scenario che porta anche all’abrogazione del divieto di commercializzazione di veicoli con motore termico dal 2035, cosa che si potrà concretizzare solo con un nuovo eurogoverno il prossimo anno.
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Ieri è toccato agli immobili, anche qui con il sostanziale slittamento dei termini temporali entro cui gli edifici situati in classe G ed F avrebbero dovuto essere riqualificati energeticamente con costi – circa 60.000 euro ad unità immobiliare da circa 100 mq di superficie – ad esclusivo carico dei proprietari. Per una realtà come quella italiana, caratterizzata da ben 21 milioni di abitazioni residenziali su 34 milioni situati nelle due classi energetiche peggiori, avrebbe comportato una sostanziale patrimoniale sulla proprietà immobiliare.
Interessante notare come la fortissima protesta delle associazioni della proprietà immobiliare così come anche di quelle delle imprese edili – sostanzialmente impossibilitate ad operare una così vasta opera di riqualificazione in meno di 10 anni di tempo – abbia fatto breccia nell’Europarlamento ottenendo un sostanziale annacquamento degli obblighi e dei tempi di adempimento, tanto che anche qui si apre uno scenario di sostanziale cambio di passo.
Se le associazioni immobiliari hanno centrato il risultato con la loro veemente protesta, le associazionidell’automotive riunite nell’Acea invece si trovano in mezzo al guado, perché non sono state in grado di opporsia tempo debito all’elettrificazione spinta della mobilità come risposta allo scandalo del “Dieselgate” innescato dalla truffa che ha visto protagonista il gruppo Volkswagen-Audi-Skoda-Seat (e con responsabilità minori pure altri costruttori), con il risultato di avere investito miliardi nei progetti di elettrificazione del prodotto, salvo ora trovarsi dinanzi ad una sostanziale marcia indietro sulle regole. Con in più la beffa di avere contribuito indirettamente ad aprire il mercato auto all’invasione del prodotto auto cinese.
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