Il cammino della legge di bilancio 2025 si fa in salita, visto che la crescita del Pil italiano del III trimestre 2024 è stata a zero, portando così la crescita per l’intero anno già conseguita allo 0,4%, decisamente più bassa dello sperato 1% di fine primavera, poi rivisto al ribasso dall’Istat a seguito della revisione dei conti nazionali a +0,8%. Ora si è a metà, con la probabilità di chiudere l’anno tra +0,6 e +0,7%, facendo così mancare al bilancio dello Stato una bella manciata di miliardi che vanno ad aggiungersi ai 9,6 a debito già inseriti nella manovra 2025.
«La sostanziale stazionarietà del Pil lascia quindi inalterata allo 0,4% la crescita acquisita già rilevata nel secondo trimestre dell’anno in corso», commenta l’Istituto di statistica. Resta dunque lontano l’obiettivo del governo Meloni di una crescita dell’1% quest’anno. «La stima odierna, di cui si sottolinea la natura provvisoria, è la sintesi di una crescita del settore terziario, di una lieve contrazione del settore dell’agricoltura, silvicoltura e pesca e di una forte riduzione dell’industria».
Volgendo lo sguardo agli altri Paesi, la Germania evita la recessione, con il Pil che cresce dello 0,2% nel terzo trimestre rispetto a quello precedente. «L’economia tedesca è più robusta delle attese, la recessione prevista da molti non si è verificata – dice il ministro dell’economia, Robert Habeck -. Non è assolutamente ancora quello di cui abbiamo bisogno, ma è almeno una luce in fondo al tunnel».
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In Francia la crescita trimestrale sale dello 0,4% contro stime dello 0,3%, «stimolata dai Giochi Olimpici e Paralimpici» di Parigi 2024. Mentre in Spagna il Pil continua a correre segnando un +0,8% rispetto ad una stima dello 0,6%, crescendo allo stesso ritmo del secondo trimestre. Su base annua Madrid registra un incremento del 3,4% e si avvia a chiudere l’anno con una crescita anche superiore a quella degli Stati Uniti. Nell’eurozona il Pil si espande dello 0,4% mentre nell’intera Ue si attesta allo 0,3%.
In Italia manca il contributo dei consumi alla crescita del Pil. «Pesa la debolezza del contributo della spesa delle famiglie, che continua a crescere a ritmi troppo lenti ed incompatibili con variazioni del Pil pari o superiori all’1%», sottolinea Confesercenti, spiegando che nei primi sei mesi dell’anno i consumi delle famiglie «sono diminuiti in termini reali di 1,5 miliardi sullo stesso periodo del 2023 (-0,3%)» e al momento «non si scorgono segnali di accelerazione».
A scombussolare la legge di bilancio 2025 non c’è solo l’andamento del Pil decisamente inferiore alle attese: c’è la progressiva scoperta di una serie di tasse e tassettine che finiscono con l’aumentare il prelievo – altro che ridurlo! – in capo ad aziende e contribuenti. La rimozione del “pavimento” del prelievo della Web tax, nata per colpire gli utili dei colossi digitali che operano in Italia ma che fatturano – e pagano spiccioli in termini di tasse – nei paesi a fiscalità iper agevolata, fa sì che nel 2025 siano sottoposti al balzello aggiuntivo sul fatturato – non sugli utili – anche tutti gli operatori economici che utilizzano il digitale per le loro attività, a partire da start up e, soprattutto, il settore dell’informazione che già patisce una situazione di crisi ormai cronica.
C’è poi l’aumento della tassazione sugli utilizzatori dell’auto aziendale, dove i dipendenti che dal 1° gennaio 2025 avranno assegnata – per quelle già non vale – un’auto con motore termico – la quasi totalità – invece che uno elettrico o plug-in si vedranno sottoposti ad una ravanata nel portafoglio di 1.000 euro all’anno aggiuntivi.
Infine, in un contesto dove le pensioni sono sempre più basse e che aprono ad uno scenario di povertà schiere di lavoratori una volta a riposo, il governo Meloni non è intervenuto a rimediare all’esproprio voluto dal governo Renzi a carico degli iscritti alle casse previdenziali privatizzate, sottoposte ad un prelievo annuale del 26% sui rendimenti maturati, contribuendo così a taglieggiare i futuri montanti pensionistici. Oltre che ingiusto, un siffatto prelievo è un unicum in Europa e pure in Italia, visto che gli iscritti all’Inps non ne sono interessati.
In questo scenario il governo Meloni non interviene con la legge di bilancio 2025 la dovuta energia nel taglio degli sprechi – valutati in 120 miliardi all’anno – e nel recupero della vastissima evasione ed elusione – altri 200 miliardi all’anno di mancato gettito – limitandosi a recuperare le briciole – 2/3 miliardi di euro – non nel breve giro di un anno, ma in comodi tre anni. Un po’ troppo poco.
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