La politica dello spreco rialza la testa

La regione Sardegna a guida M5s rialza i contributi ai gruppi consiliari per l’assunzione di personale. Il Cnel, uno degli enti inutili, sotto la presidenza di Renato Brunetta risorge.

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politica dello spreco

La politica dello spreco non è mai stata vinta e torna più forte di prima, con l’allargamento dei cordoni della borsa specie per quelle voci che sono di emanazione diretta della politica.

Nella regione autonoma Sardegna a guida della grillina Alessandra Todde alla testa di una maggioranza di centro sinistra, quando si tratta di rialzare i contributi alla politica si crea una sorta di unanimismo trasversale che annulla ogni steccato ideologico, visto che la legge approvata con procedura d’urgenza è stata votata da tutti i 40 consiglieri presenti (20 assenti, compreso il presidente dell’Assemblea e della Giunta) porterà ai vari gruppi un contributo mensile di 3.000 euro al mese per ciascun componente eletto del gruppo, oltre ad una tantum di 5.000 euro, sempre per ciascun consigliere.

La politica dello spreco: la leggina approvata nell’afa estiva prevede anche una modifica alla modalità di assunzione dei dipendenti dei gruppi, che non saranno più incardinanti nella struttura del Consiglio come assunti a termine, ma saranno dipendenti del gruppo stesso con un’assunzione di tipo privatistico e senza alcun obbligo di presenza fisica in ufficio essendo loro riconosciuto il cosiddetto “lavoro agilea prescindere, senza nemmeno l’obbligo di richiesta di permesso e di limiti temporali. Il tutto per un modico stipendio di 3.000 euro al mese.

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Dalle spese di un’Autonomia speciale, anche se un po’ zoppicante, come quella sarda, alla capitale dove gli enti inutili paiono destinati ad una nuova vita. Il caso è quello del Cnel, il Consiglio nazionale dell’economia e lavoro, che sotto la presidenza dell’ex ministro alla Funzione pubblica, l’azzurro Renato Brunetta, si è trasformato in una sorta di araba fenice, che risorge dalle proprie ceneri. Dalla gestione Treu a quella Brunetta, in soli due anni il bilancio del Cnel è cresciuto di 5,3 milioni di euro, con una spesa complessiva di 17 milioni di euro. Davvero non male per un ente che era avviato alla chiusura.

Il risorgimento del Cnel e la politica dello spreco passa attraverso il rimpinguamento della dotazione di personale, a partire dalla nomina di due dirigenti generali da 240.000 euro all’anno di stipendio oltre a bonus vari, oltre ad altri 4 dirigenti di seconda fascia, ciascuno con una retribuzione da 80.000 euro all’anno oltre a bonus vari. E questi non sono che l’antipasto, visto che lo stesso Cnel mette nero su bianco che il «fabbisogno dirigenziale del Cnel è pari solo al 33% di quella prevista dalla dotazione organica». Avanti, c’è posto!

Ma guardando al “cerchio magico” del presidente del Cnel, i contratti di diretta collaborazione dello staff che affianca Brunetta sono costati 203.000 euro, oltre ai 150.000 euro del personale di segreteria, con la sola capo segreteria del presidente che percepisce una paga da 95.000 euro all’anno che, guarda caso, tiene pure famiglia, visto che la sua figlia sarebbe titolare di un incarico professionale di consigliere per la comunicazione istituzionale per un compenso di 30.000 euro annui.

Infine un passaggio che riguarda lo stesso Brunetta, visto che pare essere vicino alla ratifica anche il nuovo regolamento che definisce la remunerazione dei vertici del Cnel: se, come è molto probabile, sarà approvato, per l’ex ministro si prepara un appannaggio da 240.000 euro l’anno, salvo eventuali rinunce personali a titolo di bel gesto.

Infine, per la cronaca si deve registrare il reiterato tentativo di sopprimere il Cnel: ci riprova Matteo Renzi con la presentazione di un disegno di legge probabilmente destinato alle sabbie mobili delle procedure parlamentari.

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