L’auto europea è sempre più in crisi tra il mercato dell’auto elettrica che va di male in peggio, i costi delle auto nuove cresciuti del 30% nel giro di tre anni allontanando così fette consistenti di consumatori e uno scenario politico oltremodo fumoso ed irrealistico con il divieto al 2035 delle vendite di veicoli con motore termico.
Nel mese di agosto in Europa occidentale sono state vendute 125.000 auto elettriche, il 36% in meno di un anno fa, mentre considerando solo l’Unione Europea la flessione è stata addirittura del 43,9%. Non va meglio per l’auto elettrica fuori del territorio europeo: in Giappone la Toyota ha ridotto di circa il 30% il suo obiettivo di produzione globale di veicoli elettrici per il 2026, con una produzione ora prevista di 1 milione di unità.
A livello di mercato, quello italiano a settembre ha centrato un nuovo calo del 10,73%, con ben il 39% dell’immatricolato concentrato negli ultimi tre giorni del mese, a testimonianza che senza un forte ricorso alle autoimmatricolazioni dei “chilometri zero” il dato sarebbe stato ancora peggiore. E con Stellantis che in Italia crolla del 34%.
Numeri che stridono con gli ingenti investimenti già avviati dai principali produttori per la conversione ecologica della mobilità – Stellantis, per esempio, prevede di investire 50 miliardi entro il 2030 – e spingono a rivedere piani e obiettivi, in molti casi lasciando le ibride accanto alle elettriche.
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Volvo Cars (di proprietà della cinese Geely), ad esempio, ha abbandonato l’obiettivo di diventare completamente elettrica entro il 2030. Colpa dei prezzi troppo alti dei veicoli elettrici rispetto a quelli comunque elevati delle auto con motore a combustione interna, almeno il 20% in più, ma anche di una politica incerta a livello europeo sul piano normativo e non solo.
Anche sugli incentivi all’acquisto di auto elettriche le scelte dei governi non hanno aiutato: in alcuni Paesi come la Germania appena sono finiti i sostegni si è registrato un vero crollo delle vendite. Sui veicoli elettrici c’è poi la forte concorrenza dalle case automobilistiche cinesi, sostenute da una significativa politica di incentivi all’esportazione da parte del governo cinese, in atto da oltre un decennio, ma anche da un sostegno di tipo non finanziario, come la rapida introduzione di infrastrutture di ricarica e politiche di immatricolazione rigorose per le auto non elettriche.
L’auto elettrica in Europa non decolla per via dei troppi limiti e oneri legati al suo utilizzo. Oltre a quelli connessi con un’autonomia ancora insoddisfacente e a tempi di ricarica ancora troppo alti, emerge sempre più fortemente anche il fattore costo di gestione, tra quello legato al pieno elettrico fatto ai punti di alta potenza, dove il costo del chilowattora magicamente si moltiplica dai circa 25-27 eurocent della tariffa domestica ad oltre l’euro, rendendo il costo al chilometro decisamente più caro rispetto ad un veicolo con motore a benzina o Diesel, soprattutto se si usa l’auto prevalentemente in autostrada dove il rendimento dell’elettrico crolla. A pesare, poi, c’è la forte svalutazione dell’usato e i costi per il ripristino dell’auto incidentata. Secondo Thatcham Research, società di Intelligence sui rischi automobilistici, basta anche un piccolo tamponamento per rischiare di veder annullato l’investimento e di trovarsi costretti a “buttare” l’auto. Questo perché le batterie entrano in modalità protetta a causa dell’urto ed il loro ripristino è complesso. A titolo di esempio, nel Regno Unito le richieste di indennizzo per i veicoli elettrici sono del 25,5% più costose.
Fino ad ora, la risposta della Commissione europea alla crisi dell’auto europea è stata di affrontare la situazione critica dell’auto europea imponendo dazi ai veicoli elettrici prodotti in Cina – compresi quelli di alcune case europee ed americane – importanti nell’Unione, tenendo fermo il divieto al 2035 per la vendita di veicoli con motori termici. E’ per questo che molti grandi gruppi automobilistici – Stellantis che ha ridotto di 200.000 unità le stime di vendita è l’ultimo di una lunga serie – stanno rivedendo gli obiettivi precedentemente indicati. La prima è stata Volkswagen che ha paventato il rischio di chiudere 2 stabilimenti in Germania a causa di minori vendite per 500.000 vetture. Bmw prevede un ribasso dell’utile operativo, in calo dal precedente 8-10% al 6-7% dei ricavi e sul rendimento del capitale investito che scende dal 21-26% al 14-16%, mentre sul fronte delle vendite parla di un “lieve calo”. Mercedes-Benz ha tagliato le stime per l’intero 2024 a causa «del rapido deterioramento del mercato cinese» e si attende rendimenti rettificati nella principale divisione auto del gruppo tra il 7,5 e l’8,5% rispetto al precedente 11%.
A pesare nell’immediato c’è il previsto rincaro delle sanzioni europee per le case costruttrici che non rispettano i limiti alle emissioni a livello di gamma di prodotto, cosa resa impossibile dal mancato decollo dell’auto a batteria. A nome di tutte le case europee l’Acea, l’associazione dei costruttori europei di automobili, chiede alle istituzioni Ue misure urgenti per rimandare l’entrata in vigore, che finirebbe per appioppare a tutti i costruttori europei sanzioni fino a 15 miliardi di euro, sempre che i costruttori non decidano di ridurre la produzione per rientrare nei limiti. Cosa che aggraverebbe la situazione produttiva europea già critica con la chiusura di ulteriori, numerose fabbriche e il conseguente licenziamento di migliaia di lavoratori.
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