Impianti fotovoltaici a terra, si cambia: stop agli espropri dei terreni agricoli

Decreto del ministero dell’Agricoltura che vieta gli impianti a terra per preservare l’utilizzo alimentare della terra, specie nelle aree vocate. Malumore dal ministero dell’Energia.

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Impianti fotovoltaici a terra

Dal ministero dell’Agricoltura e sovranità alimentare guidato da Francesco Lollobrigida arriva lo stop all’installazione di impianti fotovoltaici a terra in aree agricole vocate alla coltivazione di prodotti a destinazione alimentare, zootecnico o energetico, preservandone l’utilizzo nel tempo, salvaguardando solo gli impianti già autorizzati e quelli del cosiddettoagrivoltaico”, dove i pannelli sono installati su appositi supporti lasciando una luce sufficiente per consentire le coltivazioni a terra che, in alcuni casi, possono trarre beneficio da un’insolazione meno intensa e diretta, con minore necessità di irrigazione.

Il divieto arriva dopo la liberalizzazione degli impianti e, soprattutto, dell’equiparazione degli impianti fotovoltaici a terra alla stregua di opere strategiche, grazie ad una decisione del maggio 2021 del governo del “MiglioreMario Draghi, che autorizzava la dichiarazione di pubblica utilità e alla conseguente richiesta di esproprio delle aree possedute o gestite dagli agricoltori, anche quando non si riesce a trovare un accordo bonario, per realizzare impianti fotovoltaici.

Determinando situazioni di prevaricazione e di spreco di terreno agricolo, come quelli accaduti in Sardegna nella piana di Nurra nell’algherese, dove 1.000 ettari di fertile pianura sono stati progressivamente convertiti alla destinazione fotovoltaica grazie all’acquisizione di piccoli lotti poi raggruppati per farne il più vasto campo fotovoltico d’Europa che sarà gestito dalla cinese Chint che, guarda caso, è anche il primo produttore al mondo di pannelli fotovoltaici.

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Il governo Draghi aveva «l’obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030». Col nuovo decreto agricoltura proposto da Lollobrigida si afferma che «le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici sono aree non idonee all’istallazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra». Ma questo varrà solo per le domande future, mentre per quelle già autorizzate potranno andare avanti anche se sprecano prezioso terreno vocato all’agricoltura.

Il decretoagricolturavieterà le «macchie nere a terra», ma autorizza l’agrivoltaico su grandi aree come i tetti delle stalle e delle industrie, per le quali il ministero dell’Agricoltura «ha finanziato solo quest’anno 13.500 aziende» con una prospettiva di 26.000 entro il 2024. In più le opere a terra che già erano previste, e «verranno realizzate» per tutelare le imprese che hanno investimenti in corso, così come ci saranno altre aree agricole ritenute «utilizzabili», come quelle accessorie alle grandi arterie di circolazione ferroviaria e autostradale, le aree che sono agricole, ma che non vengono utilizzate e non possono essere usate come agricole, ad esempio le cave.

Se Lollobrigida difende giustamente l’utilizzo primario agricolo dei terreni, viceversa dal fronte dei produttori di energia rinnovabile per bocca delle loro associazioni di categoria si levano accese proteste, che trovano orecchie attente dal ministro all’Energia, Gilberto Pichetto Fratin, perché con il blocco delle realizzazioni degli impianti fotovoltaici a terra «si perdono 60 miliardi di euro», di cui almeno 45 miliardi di investimenti privati diretti, afferma Italia Solare, l’associazione delle imprese del fotovoltaico, in una lettera inviata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni e a Pichetto Fratin.

Per Alleanza per il fotovoltaico, una delle realtà energetiche delle rinnovabili, «come abbiamo già ribadito in passato, non c’è nessun conflitto reale tra lo sviluppo delle rinnovabili e l’agricoltura. Il fotovoltaico a terra non produce impermeabilizzazione del suolo, né alcun impoverimento del terreno e della biodiversità. Il fotovoltaico non pregiudica – anche alla luce delle nuove opportunità garantite dall’agrivoltaico avanzato – l’utilizzo agricolo; anzi, è acclarato che consente il risparmio idrico e riduce l’impatto della desertificazione».

Una nota dell’Alleanza per il fotovoltaico scende nelle cifre: «secondo i dati più recenti, la superficie agricola nazionale è di circa 16,5 milioni di ettari, ma soltanto 12,8 milioni di ettari sono effettivamente destinati alla produzione alimentare (seminativi, coltivazioni legnose, pascolo e orti familiari), mentre i restanti 3,5 milioni di ettari di superficie agricola sono incolti o abbandonati. A fronte di questi numeri, va detto che soltanto 17.000 ettari di superficie agricola sono attualmente occupati da impianti fotovoltaici ed anche se volessimo installare a terra tutta la potenza fotovoltaica prevista in Italia dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi al 2030 sarebbero necessari non più di ulteriori 80.000 ettari circa (appena lo 0,6% della superficie agricola nazionale)».

Il ministro Lollobrigida tiene il punto della difesa del terreno con potenzialità agricole, che oggi possono spaziare da destinazione alimentare, zootecnico e pure energetico con le nuove colture oleaginose per produrre basi per il biodiesel: «l’energia pulita va prodotta bene, non riesco a immaginare la nostra Italia violentata da un modello di sviluppo senza razionalità. Sottrarre terreno agricolo significa speculare, per questo stiamo lavorando a un articolo che ponga limiti serissimi a questo tipo di sviluppo senza freni e garantisca produzione energetica». Oltre le proprietà degli agricoltori, ingiustamente sottoposte alla vessazione dell’arma dell’esproprio brandita dalle società energetiche.

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