Impianti eolici, ultimo treno per Bruxelles, perché l’Europa rischia entro i prossimi tre-quattro anni di essere surclassata anche in questa tecnologia che finora ha resistito solo grazie ai vincoli logistici inerenti alle dimensioni degli impianti, difficili da trasportare da un continente all’altro a differenza dei pannelli fotovoltaici e delle batterie per automobili.
Secondo una ricerca di WindEurope il settore degli impianti eolici europei si avvia verso una profonda crisi, complice la sensibile crescita del costo degli impianti, salita del 40% negli ultimi anni, unita agli effetti della miopia politica connessa alle tassazioni degli extrautili delle società energetiche che contribuiscono a frenare gli investimenti nel settore, diminuendo la redditività complessiva degli impianti. Oltre alla presenza sempre piùmassiccia dei produttori cinesi.
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Se fino ad oggi il mercato era presidiato saldamente da imprese europee (come la danese Vestas o la tedesca Siemens Gamesa) o americane (come General Electric Renewable Energy), ora lo scettro del settore va alla cinese Goldwing seguita al quinto posto da un’altra cinese, Envision.
Anche se i produttori occidentali tengono quote di mercato tutt’altro che secondarie, a preoccupare c’è il fatto che la Cina controlla il 70% del mercato dei generatori e riduttori, indispensabili per realizzare gli aerogeneratori di taglia sempre più grande.
Invece di discettare di norme bavaglio sull’informazione per evitare che le elezioni dell’Europarlamento 2024possano vedere disturbato l’attuale assetto di governo Ppe-Socialisti-Renew Europe, a Bruxelles farebbero meglio ad attuare precise strategie relative alla tutela del sistema manifatturiero continentale, che ormai è messo a serio rischio da scelte demagogiche unilaterali connesse con l’azzeramento dell’insignificante improntaambientale continentale entro il 2035, mentre i concorrenti esteri, a partire da Cina e India, pensano a correre e a conquistare quote di mercato per i loro prodotti e, di conseguenza, aumentare la loro ricchezza. Mentre l’Europa di Ursula von der Leyen alla disperata ricerca di una riconferma nel suo ruolo fallimentare andrà verso un impoverimento sempre più spinto.
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