Il debito globale contratto da governi, banche, imprese e famiglie nel mondo è sempre più grande, anzi gigantesco: secondo il rapporto trimestrale “Global Debt Monitor” stilato dall’International Institute of Finance(Iif), questo ammonta alla stratosferica cifra di 307.000 miliardi di dollari, in crescita nel primo semestre 2023 di ben 10.000 miliardi di dollari, in aumento, rispetto a 10 anni fa, di ben 100.000 miliardi di dollari.
Cifre enormi, impossibili da realizzare a mente tanto sono grandi, al cui confronto il debito pubblico italiano – pure questo mostruoso dall’alto dei suoi 2.858 miliardi di euro – quasi scompare.
Il problema che aleggia tra i mercati finanziari e tra gli amministratori pubblici e privati è l’aumento del rischiodi innesco di qualche bolla finanziaria, cosa che esporrebbe la finanza globale a un rischio domino specie se a cadere fossero grandi debitori. E il rischio, secondo l’Iif, è aumentato a seguito della stretta monetaria più violenta che si ricordi, che ha portato quasi ovunque nel mondo i tassi sui massimi da oltre un decennio.
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Che l’equilibrio finanziario globale sia appeso a un sottilissimo filo a rischio di spaccarsi è evidenziato dal rapporto tra l’ammontare complessivo del debito con il Pil globale che è tornato a crescere attestandosi al 336%, un livello alto, ma non a quello record del periodo pandemico.
«L’improvviso aumento dell’inflazione è stato il principale fattore alla base del forte calo del rapporto debito/Pilnegli ultimi due anni, consentendo a molti soggetti sovrani e societari di gonfiare le proprie passività in valuta locale», afferma l’Iif, evidenziando anche che con la moderazione delle pressioni sui salari e sui prezzi (anche se non a sufficienza da far rientrare l’inflazione al livello desiderato del 2%) «il rapporto debito/Pil globale supereràil 337% entro la fine di quest’anno».
Secondo il “Global Debt Monitor” «l’aumento dei rapporti di indebitamento è stato più evidente tra i governi e le istituzioni finanziarie, mentre si registra una marcata decelerazione dell’espansione del credito bancario alle famiglie e le imprese non finanziarie», causata «dall’inasprimento delle condizioni di finanziamento» determinato dalle politiche delle banche centrali.
Quanto all’Italia, la situazione è delicata forse più che altrove, con un debito complessivo di nuovo in crescita a giugno al 295,5% rispetto al 294,1% di tre mesi prima e dal 294,6% di fine 2022. Il bilancio dello Stato vede la risalita del rapporto debito/Pil al 140% dal 138,8%, mentre le famiglie risultano più parche, con un rapporto fra debito/Pil pari al 40,3% e tra i più contenuti fra i Paesi avanzati, dove le famiglie mostrando un livello di indebitamento decisamente più alto.
Se per il debito dei consumatori Iif non vede un rischio immediato, che anzi «rimane ampiamente gestibile» specie nei mercati più evoluti e consolidati, nonostante l’aumento dei tassi, diverso il discorso per i Paesi emergenti, area nella quale il debito delle famiglie si mantiene al di sopra dei livelli prepandemici – in particolare a causa di Cina, Corea e Thailandia – ma si notano prospettive grigie soprattutto per gli Stati: «l’elemento più preoccupante è che l’architettura finanziaria globale non è adeguatamente preparata a gestire i rischi associati alle tensioni sui mercati nazionali del debito» conclude Iif.
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