La legge Finanziaria 2024 che continua a circolare nella forma di una bozza provvisoria ad oltre 10 giornidall’approvazione in Consiglio dei ministri, non smette di svelare spiacevoli sorprese che si spera vengano corrette al più presto.
Dopo il rafforzamento della legge Fornero sulle pensioni con l’arrivo di “Quota 104”, ora tocca a quello che da più parti è stato definito l’esproprio della liquidità sui conti correnti di soggetti morosi con il fisco da parte dell’Agenzia delle entrate. Si tratta di uno scenario che era tra le proposte di riforma fiscale in corso di approntamento che verrebbe drasticamente anticipata al 1° gennaio 2024 con la Finanziaria 2024, perché consente all’agenzia delle Entrate Riscossione di accedere più facilmente ai conti correnti dei debitori fiscali, potendo conoscere direttamente l’ammontare delle giacenze sui rapporti finanziari. Una volta accertate le disponibilità, l’agentedella riscossione invia subito («senza indugio» si legge nella norma) alla banca l’ordine di pagamento, informando contemporaneamente il debitore non oltre trenta giorni, pena la nullità dell’atto. Il “prelievo” effettuato comprenderà l’ammontare del debito, gli interessi maturati e ogni spesa accessoria relativaall’operazione di esproprio.
Sono in gioco cifre notevoli: secondo la convenzione firmata dall’Agenzia delle entrate con il ministero dell’Economia si prevede un’escalation degli incassi: 9,9 miliardi nel 2023, 10,8 miliardi nel 2024 e 11,5 miliardi nel 2025. I tentati pignoramenti presso terzi nel 2022 rappresentano il 47% dei carichi complessivi (256,1 miliardi) per cui sono state effettuate azioni di recupero, ma senza portare alla riscossione.
La proposta della Finanziaria 2024 ha suscitato le proteste da parte delle categorie. Per consigliere nazionale di Unimpresa, Manlio La Duca, «il pignoramento veloce dei conti correnti da parte del fisco mette in seria difficoltà, stangandole, le partite Iva e le micro, piccole e medie imprese italiane. Il rischio concreto è che l’accesso immediato dell’amministrazione finanziaria alle disponibilità liquide in banca privi professionisti e piccoli imprenditori di risorse importanti per la gestione ordinaria delle loro attività. Tale impostazione stride “rumorosamente” con la revisione dello Statuto del contribuente che lo stesso governo ha delineato e annunciato con i decreti delegati della complessa riforma fiscale. La riscossione delle imposte non versate regolarmente va senza dubbio migliorata, ma non può diventare un atto di esproprio a danno della collettività e del sistema Paese. Non si capisce, peraltro, quali siano le ragioni che hanno spinto l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni ad anticiparel’introduzione di questa discutibile misura nell’ambito della legge di bilancio, senza aspettare l’iter dei decreti attuativi della riforma».
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Altra questione della Finanziaria 2024 che sta sollevando la reazione di protesta delle categorie interessate è relativa all’innalzamento della cedolare secca dal 21 al 26% della tassazione sugli affitti brevi. «Tale misura, che contraddice le recentidichiarazioni di eminenti esponenti governativi, stride fortemente con la “difesa delle famiglie”, sbandierata in più occasioni dall’attuale esecutivo, e con un altro caposaldo “storico” dei partiti facenti parte del governo, e cioè la riduzione della pressione fiscale – attacca in una nota Pro.Loca.Tur, l’Associazione dei proprietari alloggi dati in locazione breve -. Con gli affitti brevi sopravvivono oggi decine di migliaia di famiglie e un innalzamento così spropositato (e immotivato) della relativa tassazione non farebbe che peggiorarne le già difficili condizioni di vita. Non solo, ma un aumento di tal guisa produrrà inevitabilmente un aumento del “nero” annullando, di fatto, i già poco significativi benefici in termini di gettito erariale. Non a caso, uno dei motivi fondanti della introduzione della cedolare secca sugli affitti fu proprio la grande efficacia della misura nel combattere il “nero”».
Anche sull’ammontare della redditività delle locazioni brevi, Pro.Loca.Tur. segnala come «la tassazione reale sugli affitti brevi è assai più elevata dell’apparente, attuale aliquota del 21% dal momento che sugli affitti brevinon è possibile dedurre alcun costo. Così la sola applicazione delle commissioni dei portali internet, costi che non possono essere dedotti e che di fatto finiscono per diventare, contro ogni logica, dei “ricavi”, né raddoppiala consistenza. Si pensi che la sola commissione di Booking è di quasi il 22% del ricavato da locazione, importoche aumenta ulteriormente se consideriamo che per la “gestione” di una stanza o di un appartamento in affitto si sostengono costi di pulizia, manutenzione, utenze, lavanderia e quant’altro, costi che di fatto rendono la tassazione reale per i proprietari di parecchi punti percentuali al di sopra dell’aliquota teorica del 21%, aliquota che la bozza in esame vorrebbe ulteriormente aumentare».
Insomma, oltre a criticare il fatto che la Finanziaria 2024, la legge più importante dell’anno del governo Meloni, circola ancora in una forma evanescente – da notare che oggi il segretario della Lega, Matteo Salvini ha dichiarato che quelle che circolano sono provvedimenti che lui non condivide e che vanno modificati, evidenziando un’originale sdoppiamento di personalità rispetto a quel Matteo Salvini vicepremier del governo Meloni che la bozza l’ha approvata nel consiglio dei ministri -, c’è il fatto che da una maggioranza di centro destra non ci si aspetterebbe un provvedimento degno piuttosto di un governo di sinistra, magari di quelli dove i ministri dell’Economia affermavano che «pagare le tasse è bello».
Sarebbe bello vedere maggiore linearità tra il mandato ottenuto dagli elettori e i provvedimenti proposti e approvati dalla maggioranza del governo Meloni, evitando di cadere – come già accaduto al governo Draghi – di approvare norme frettolosamente concepite come la tassazione sugli extraprofitti bancari che, alla fine, si trasformano nell’ennesimo buco nel bilancio statale – 2 miliardi – che ora dovrà essere coperto in qualche modo, si spera senza ricorrere al ritocco alle accise sui carburanti, guarda caso proprio quelle che sia Meloni che Salvini nella campagna elettorale del 2022 dicevano di volere tagliare.
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