Eredità Ursula: 5 anni di fallimenti ideologici lasciano un’Europa pavida

Politiche e strategie demagogiche fallimentari sono servite per consegnare il mercato europeo all’invasione cinese e alla rinascita dell’imperialismo russo.

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Eredità Ursula

L’eredità Ursula dopo 5 anni di guida della Commissione europea da parte del presidente von der Leyen, che già non aveva brillato nei suoi precedenti mandati da ministro del governo tedesco sotto l’ala protettrice di Mutti Merkel, è decisamente fallimentare a causa di politiche e strategie demagogiche controproducenti che sono servite per affossare l’economia europea aprendo indiscriminatamente il mercato alla manifattura estera, soprattutto cinese.

Bilancio fallimentare anche nella gestione delle tensioni internazionali, dalla guerra in Ucraina alle tensioni in Medio Oriente, con particolare riguardo agli attacchi dei terroristi Houthi al traffico commerciale navale attraverso lo stretto che collega il Mar Rosso – e il canale di Suez – all’oceano Indiano, con il risultato di mettere a repentaglio le esportazioni e le importazioni della manifattura europea.

Mentre ogni giorno si perdono 95 milioni in termini di danni per il commercio estero italiano accumulati tra novembre 2023 e gennaio 2024 a causa della crisi nel Mar Rosso, per un totale di 8,8 miliardi (3,3 miliardi, 35 milioni al giorno, per mancate o ritardate esportazioni e 5,5 miliardi, 60 milioni al giorno, per il mancato approvvigionamento di prodotti manifatturieri) secondo una stima di Confartigianato sull’impatto del calo di traffico di navi mercantili tra l’Oceano Indiano e il Mar Rosso sui flussi dell’interscambio commerciale dell’Italia con Asia, Oceania, paesi del Golfo Persico e del Sud-est dell’Africa, gli interessi dell’Unione europea sono difesi da paesi terzi, Gran Bretagna e Stati Uniti, perché l’Unione non ha una politica militare di difesa degna di questo nome.

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L’eredità Ursula lascia situazione decisamente pericolosa, anche in considerazione della guerra in corso tra Russia e Ucraina, con l’aggredita Ucraina che ormai riesce a difendersi a stento complice l’incapacità dell’Unione europea di supportarla adeguatamente con forniture di armi, dato che nel tempo l’Europa dei 27 si è cullata sull’ombrello di difesa Nato a trazione americana, evitando di investire adeguatamente nel rafforzamento delle proprie capacità di difesa. Con il risultato che oggi esistono 27 diversi eserciti, con sistemi d’arma non standardizzati, materiale bellico spesso obsoleto per mancati periodici ammodernamenti per via dei tagli ai bilanci pubblici e al mancato rispetto dello stanziamento minimo del 2% della spesa pubblica cui i paesi Nato si erano impegnati. E se malauguratamente l’Ucraina dovesse cedere all’aggressore, la stessa Nato paventa uno scenario decisamente allarmante che vede a rischio i paesi baltici che, a differenza dell’Ucraina, sono già paesi Nato e soggetti al comune patto di reazione e difesa.

Sul piatto della bilancia dei fallimenti dei 5 anni di eredità Ursula ci sono anche le strategie ambientali del “Fit for 55” che stanno mettendo all’angolo la manifattura europea sull’altare dell’azzeramento delle già ridotte emissioni climalteranti (solo il 9% di quelle globali) a favore delle importazioni da Oriente di prodotti strategici realizzati senza rispettare le stringenti regole ambientali europee, per di più in un regime di monopolio cinese globale per prodotti come i pannelli fotovoltaici (95% del totale mondiale), il 40% degli apparati di produzione di idrogeno e di pompe di calore, il 50% della produzione di veicoli elettrici, il 75% delle batterie per la mobilità elettrificata, l’85% delle pale per le turbine eoliche.

Comunque la si giri e rigiri, di un’Europa siffatta, pavida ed incapace di agire e reagire a difesa dei propri interessi strategici ed economici gli europei non sanno cosa farsene e i sondaggi sulle intenzioni di voto per il nuovo europarlamento del 9 giugno prossimo iniziano ad indicare chiaramente un cambio di tendenza, con la punizione delle forze politiche che sono state in prima linea sulla scelta di un ambientalismo talebano, socialista e macroniani su tutti, con la connivenza dei popolari della stessa von der Leyen che non fanno mistero di volerla sostituire con personaggi di maggiore spessore.

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