La Commissione europea ha approvato il Decreto Fer2, il provvedimento del ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (Mase) per gli aiuti alle energie rinnovabili innovative. La Commissione ha fissato a 35,3 miliardi l’importo massimo per i contributi, che saranno erogati in 20 anni. La misura sarà finanziata con un prelievo dalle bollette pagate dai consumatori.
L’obiettivo del Decreto Fer2 è incentivare la realizzazione in Italia di impianti per 4,6 GigaWatt complessivi, con le energie rinnovabili più innovative e non mature, che non riescono ancora a sostenersi da sole sul mercato. Si tratta degli impianti eolici offshore, geotermoelettrici a emissioni nulle o tradizionali, a biomassa e biogas, fotovoltaici flottanti su acque interne e in mare, impianti da energia mareomotrice, del moto ondoso e altre forme di energia marina, impianti solari termodinamici. Le domande potranno essere presentate fino al 31 dicembre del 2028.
Gli incentivi saranno erogati ai produttori di energie rinnovabili con lo strumento del “contratto per differenza“. In pratica, lo stato fissa un prezzo di riferimento per l’elettricità. Se il prezzo di riferimento è inferiore al prezzo di esercizio del produttore (cioè al prezzo che dovrebbe fare l’impresa sul mercato), lo stato eroga al produttore la differenza. Se il prezzo di riferimento è superiore al prezzo di esercizio, il produttore deve versare la differenza allo Stato. Questo sistema ha lo scopo di garantire la stabilità dei prezzi per i produttori, impedendo però che accumulino ricchi surplus a spese dello stato, nei periodi in cui il prezzo di riferimento è superiore al prezzo di esercizio. Come spesso è accaduto nelle precedenti tornate di incentivazione.
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«Questo provvedimento, molto atteso, consentirà di abilitare nuove tecnologie fondamentali per la decarbonizzazione», ha commentato il ministro, Gilberto Pichetto Fratin. L’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), ha pubblicato un rapporto in cui rivela che, mettendo insieme i singoli piani per la decarbonizzazione dei 150 principali Paesi dell’Onu, si arriverebbe nel 2030 al 70% della potenza installata necessari per raggiungere l’obiettivo fissato alla Cop28 di Dubai, cioè triplicare le energie rinnovabili al 2030. In pratica, 8.000 GW contro gli 11.000 necessari. Il dato può essere letto in positivo o in negativo. In positivo, perché gli impegni ufficiali presi finora dagli stati nell’ambito dell’Accordo di Parigi, gli Ndc, porterebbero ad appena il 12% delle rinnovabili necessarie per l’obiettivo di Dubai, 1.300 GW contro 11.000. In pratica, gli stati singolarmente hanno già aumentato i loro impegni rispetto a quelli presi alle Cop. Ma il bicchiere può anche essere visto mezzo vuoto. Per triplicare le rinnovabili al 2030, gli impegni attuali dei paesi Onu non sono ancora sufficienti. Al 2030, manca ancora un 30% di fonti pulite.
Secondo il Mase, «i previsti prelievi in bolletta andranno a sommarsi agli oneri di sistema già in essere, atteso che il valore complessivo degli oneri è comunque variabile, anche in ragione degli impianti che fuoriescono dai meccanismi di incentivazione in ragione della scadenza dei precedenti incentivi».
Dati i tempi di realizzazione degli impianti, per il Mase «l’impatto reale sulle tariffe per gli impianti oggetto del decreto Fer2 non si avrà prima del 2029». Secondo il ministero, «il valore citato nella comunicazione della Commissione rappresenta una stima dell’onere massimo complessivo della misura. L’onere effettivo dipenderà infatti da quanto effettivamente richiesto dai produttori nell’ambito delle procedure competitive e dai prezzi dell’energia elettrica sui mercati spot (più alti i prezzi spot, minore sarà l’onere».
Le bollette elettriche degli italiani sono mediamente più care del 23% rispetto alla media dell’Unione europea, pari ad un extra costo per la famiglia tipo italiana (consumo annuo di 2.700 kWh) di 180 euro all’anno. Tra i 27 Stati Ue, l’Italia nel secondo semestre 2023 è stato il sesto Paese più caro, con una tariffa media pari a 0,3347 €/kWh (incluse tasse ed oneri), nonostante il calo dei prezzi rilevato in Italia rispetto al primo semestre dello scorso anno (-12%). Stanno peggio dell’Italia la Germania, dove per l’energia elettrica i consumatori privati hanno speso il 20% in più, l’Irlanda e il Belgio (entrambi +13%) e la Danimarca (+6%). Quanto ai Paesi con un prezzo dell’energia inferiore a quello italiano, limitandosi ai principali, si scopre che la tariffa media italiana è stata il 29% più alta rispetto a quella rilevata in Francia, il 43% rispetto alla Spagna e addirittura il 53% rispetto alla Svezia. Per non parlare dell’Ungheria: le tariffe italiane, a confronto di quelle ungheresi, sono state più alte del 196%.
Il provvedimento ha mandato in allarme i consumatori di energia, famiglie ed imprese, già alle prese con tariffe energetiche che in Italia sono tra le più care d’Europa. «No a un aumento delle bollette della luce per finanziare il “Green deal” – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori -. E’ incredibile che il Governo Meloni possa anche solo immaginare, dopo aver già stangato gli italiani con il ripristino dell’Iva sul gas e la reintroduzione degli oneri di sistema, sia sul gas che sulla luce, ad un ulteriore rincaro a danno delle famiglie. Da sempre chiediamo che le politiche industriali siano finanziate con la fiscalità generale – conclude Dona – e non con le bollette tramite gli oneri di sistema, dato che così facendo si finiscono per colpire in modo iniquo le persone più vulnerabili, gli anziani, le famiglie numerose, chi fatica ad arrivare alla fine del mese. A maggior ragione non si può fare in questo momento, con le bollette della luce che, secondo i dati Istat, oggi costano ancora il 39,5% in più rispetto al periodo pre-crisi».
Ad allarmare le aziende c’è il fattore della competitività della manifattura italiana, che sconta costi di produzione decisamente superiori ai concorrenti francesi e pure a quelli tedeschi. Senza trascurare il fatto che l’Italia è un paese fortemente a rischio quanto agli approvvigionamenti energetici, con una capacità di generazione interna inferiore alla domanda nazionale e con le importazioni dall’estero esposte al rischio di effettiva disponibilità di energia, così come accaduto nel 2022 e, parzialmente, pure nel 2023, quando il margine di disponibilità si è, rispettivamente, azzerato o posto su margini risicatissimi a soli 2,3GW, con l’equilibrio della rete nazionale a rischio di pericolose interruzioni di alimentazione assicurato solo dal congiunturale calo dei consumi.
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