Quando la Germania ha un problema, questo automaticamente diviene un problema di tutta l’Europa a 27, salvo non valere la situazione opposta, evidenziando un doppiopesismo eurotedesco che sta infastidendo non poco 26 dei 27 paesi dell’Unione a guida della tedesca in cerca di riconferma, Ursula von der Leyen.
Quando i problemi di solvibilità furono di cinque banche italiane (Tercas, Banca Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) la Commissione europea per il tramite del commissario alla Concorrenza, Margarethe Vestager, non trovò di meglio di bloccare ogni intervento del Fondo interbancario di garanzia italiano che avrebbe potuto intervenire salvando le banche ed evitare che azionisti e obbligazionisti rimanessero con un pugno di carta senza valore in mano. Per non avere autorizzato perché aiuti di stato l’erogazione di 300 milioni alla Popolare di Bari per il salvataggio della controllata Cassa di risparmio di Teramo (Tercas), aprì un gioco di domino che condusse al fallimento anche delle altre 4 banche, mettendo una seria ipoteca anche sull’intero sistema bancario italiano in fatto di affidabilità creditizia e conseguente ristringimento dei criteri di erogazione di denaro per mutui e finanziamenti alle imprese.
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Ora che il problema interessa il sistema bancario tedesco, esposto per 650 miliardi a seguito di perdite sui valori d’acquisto delle obbligazioni Bce a seguito della politica dei continui rialzi dei tassi della Banca centrale europea che ha finito con lo svalutare le obbligazioni a tasso fisso emesse precedentemente, gli aiuti di stato sono ammessi.
Insomma, un sistema di governo degli organismi comunitari che evidenzia la necessità di provvedere ad un sostanziale ribilanciamento dei meccanismi di funzionamento e delle decisioni, perché per molti non è tollerabile che l’Unione europea si tramuti di fatto in un’Unione germanocentrica.
Di qui la necessità che la stessa Giorgia Meloni metta sul piatto della presidenza di turno spagnola il riassetto per ridurre il doppiopesismo eurotedesco, per arrivare all’elezione del nuovo Europarlamento e alla nomina della nuova commissione nella seconda metà del 2024 su nuove basi che siano effettivamente paritarie tra tutti gli stati membri dell’Unione.
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