Dissesto idrogeologico: l’Italia rischia grosso ad ogni perturbazione un po’ più forte

Le responsabilità di una classe politica locale che non è capace di investire sul proprio territorio, con il caso eclatante dell’Emilia Romagna e dell’ex vicepresidente Elly Schlein.

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Dissesto idrogeologico

L’Italia è un territorio a forte rischio di dissesto idrogeologico per alluvioni e frane, spesso per la mancata manutenzione periodica del territorio e dei corsi d’acqua, con quest’ultimi spesso finiti tombinati e ristretti nei loro tratti di attraversamento urbano.

Ci sono casi eclatanti come quello dell’Emilia Romagna il cui territorio di collina e di montagna è spesso soggetto a franamenti, mentre quello di pianura, specie in Romagna, è soggetto ad allagamenti per l’esondazione di fiumi e torrenti, complice anche il fatto che parte del territorio è allo stesso livello del mare e qualche volta pure sotto.

I problemi odierni sono figli delle scelte politiche degli anni passati, dove norme di impronta ecologica hanno impedito o reso molto difficile il periodico dragaggio dei letti dei corsi d’acqua, spesso pensili rispetto al piano di campagna attraversato, con il risultato di rialzarli ulteriormente con l’apporto del materiale solido trascinato a valle e con gli argini non sufficientemente rafforzati a contenere la pressione dell’acqua.

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In Emilia Romagna che fra il 2021 e il 2022 il governo regionale ha restituito allo Stato 55 dei 71,5 milioni di euro ricevuti per la manutenzione e messa in sicurezza dei corsi d’acqua della regione contro il dissesto idrogeologico. Una restituzione, quella operata dall’allora presidente della regione, Stefano Bonaccini, fresco eurodeputato, e della sua vicepresidente, tal Elena Ethel Schlein, incidentalmente ora segretario nazionale del Pd, che, secondo la relazione della Corte dei Conti, è stata dovuta all’incapacità della regione di spenderli nei tempi previsti come stabilito dai contratti di finanziamento a carico dello Stato. E tra gli interventi che avrebbero dovuto essere effettuati c’è proprio la manutenzione di quei corsi d’acqua che nelle due alluvioni del 2024 hanno causato forti danni al territorio.

E oggi, a poche settimane dalle elezioni regionali, la giunta dell’Emila Romagna retta dal presidente facente funzioni, Irene Priolo, cerca di uscire dall’angolo rilanciando con la necessità di realizzare un progetto immediato di manutenzione del territorio da ben 600 milioni «per dare risposte ai cittadini che hanno ragione ad essere arrabbiati».

Già, Priolo rilancia con i soliti mega progetti, 600 milioni nell’immediato, a stralcio di un piano strategico da 4,5 miliardi, ma il dubbio è come faranno a spendere puntualmente e rapidamente tale massa di denaro quando solo due anni fa sono stati in grado di spendere solo 16,7 milioni dei 71,9 milioni di finanziamento statale. E’ lecito nutrire qualche dubbio, anche per la tempistica elettorale di tale proposta. E, probabilmente, più che una nuova pioggia di miliardi pubblici, forse più efficace potrebbe essere un cambio dell’amministrazione regionale, un cambio democratico per ridare lena ed energia ad un sistema di gestione del potere locale ingessato.

 

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