Descalzi: «stiamo morendo lentamente a causa di politiche Ue»

Impietosa analisi dell’amministratore delegato di Eni sulle politiche industriali ed ambientali europee che stanno portando al collasso interi settori a favore dei competitori cinesi.

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Il numero uno di Eni, Claudio Descalzi, ha criticato duramente le posizioni dell’Unione europea sulla transizione energetica e in particolare sulle scelte di bio-fuel e e-fuel oltre che, più in generale, su tutto il “Green Deal” e sulle sue conseguenze sull’assetto manufatturiero europeo.

«Il settore automotive ci fa arrabbiare – ha detto Descalzi durante la “Giornata dell’Economia” organizzata a Milano a Palazzo Lombardia da Forza Italia -. Sono gli ultimi cinque, sei anni di questa Commissione Ue, che è in continuità con la precedente, non è cambiato niente».

A proposito di transizione energetica e in particolare di norme per i motori endotermici «se facciamo il focus sull’automotive, che è importante, deve confrontarsi con regole insulse e ridicole – afferma sempre Descalzi -. Non voglio essere anti europeo, ma anche la stupidità uccide e ci sta uccidendo perché dobbiamo subirla sulla base di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell’Europa, non una maggioranza, e noi dobbiamo continuare a digerirle e chinare il capo morendo lentamente».

L’Europa, ha incalzato ancora Descalzi, è competitiva «sull’ambiente e non sulla crescita e infatti americani e cinesi ci dicono che siamo bravissimi e intanto investono nella crescita».

Quanto all’efuel, Descalzi ha evidenziato che «al momento non esiste. C’è solo una fabbrica al mondo che lo produce, è tedesca, ma non è ancora stato testato e non è in commercio. Oltre ad essere decisamente più costoso. La scelta dell’e-fuel non nasce da un confronto, non c’è stata analisi, ma è solo un’opzione per partito preso» in particolare sotto la spinta di parte dell’industria tedesca che ha avuto buon ascolto nelle stanze della Commissione europea.

Se l’e-fuel è stato ambientalmente sdoganato dalla politica comunitaria, non altrettanto è accaduto per i biocarburanti. Descalzi ha spiegato che l’Italia ha iniziato a studiare i biocarburanti anni fa, prima della crisi energetica e dei paradigmi legati alla transizione energetica. Il Paese, del resto, non ha petrolio e ha poco gas e anche quel poco preferisce farlo estrare ai paesi confinanti, che ringraziano. «Così ci siamo inventati qualcosa per essere economici nella raffinazione che sia a break even. Ad oggi la raffinazione sui bio carburanti è a break even, mentre le altre raffinazioni perdono», ha sottolineato Descalzi, raccontando che l’Italia si è rivolta all’agricoltura, senza andare in contrasto con la catena alimentare. «La nostra sovranità tecnologica nella raffineria ha avuto un senso e il ciclo ci ha portato in 15 anni a avere prodotti sofisticati» del tutto compatibili con la stragrande maggioranza degli utilizzatori già in circolazione.

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Tornando all’Europa, l’amministratore delegato di Eni ha puntato l’indice sulle scelte energetiche fatte a livello internazionale. Gli Stati Uniti, infatti, hanno spinto sull’upstream e così dispongono di risorse che hanno un valore inferiore rispetto alle nostre. «I cinesi sono nella nostra situazione, non perché non hanno energia, ma perché sono un miliardo e mezzo di abitanti. Comunque da trenta anni hanno avuto l’attenzione sulla sicurezza energetica e così hanno fatto scorte per energia e minerali».

Il problema, ha indicato Descalzi, è che l’Europa non si muove «con compattezza» con Usa e Cina, c’è competizione tra i Paesi e per questo il costo energetico è maggiore, «viene da quello. Paragoniamo l’Europa agli Usa e alla Cina, ma l’Europa non è uno stato», ma una Babele di 27 paesi ciascuno con la propria visione (o miopia) e interessi particolari da tutelare. Per altro, ha ricordato, la Cina ha diversificato tra nucleare, rinnovabili e carbone che nonostante tutto sta potenziando. «L’Europa punta solo a ridurre le emissioni, mentre gli altri pensano a crescere ed essere sovrani da un punto di vista energetico».

Secondo Descalzi, tra l’alto, l’Europa ha ridotto le emissioni nocive soprattutto perché la manifattura si è atrofizzata. «Con la globalizzazione abbiamo spinto sul terziario, che va anche bene, ma se non ci sono problemi geopolitici. Oggi noi importiamo per tonnellata pro capite più del doppio di quanto succedeva 20 anni fa, quando diciamo eravamo quasi alla pari». Insomma «emettiamo meno CO2, ma è una favola: Europa ha ridotto le emissioni nocive solo perché la produzione è stata spostata altrove nel mondo» dove le regole ambientali e i controlli sociali sono decisamente più blandi.

 

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