Ursula von der Leyen ha presentato all’Europarlamento la sua nuova commissione europea, che si basa su sei vicepresidenti esecutivi e 20 commissari graduati semplici, affidando ai vari esponenti di governo competenze spesso a mezzadria tra più commissari, con il risultato che potrebbero insorgere facilmente conflitti tra commissari – specie quando sono esponenti di diverse forze politiche – che poi dovrebbero essere risolte machiavellicamente dalla presidenza, con il risultato finale di accentrare nelle sue mani molto più potere rispetto alla Commissione precedente.
Probabilmente, von der Leyen ha fatto tesoro dell’esperienza precedente, dove la convivenza con tante prime donne – e maschi – della politica che nella nuova Commissione europea sono scomparsi – ultima la sostituzione all’ultimo minuto del commissario uscente Thierry Breton – le ha fatto escogitare questa ripartizione proprio per tarpare le velleità di ribalta a qualche commissario, specie quelli espressione di quei paesi e di quelle forze politiche poco allineate alla sua maggioranza.
Si vedrà, ma intanto sul fronte italiano il governo Meloni festeggia la nomina dell’italiano Raffaele Fitto a vicepresidente esecutivo con le deleghe al Pnrr, alla coesione e alla fuffa delle rifome con un la gestione di un budget comunitario stimabile in circa 380 miliardi di euro. Soprattutto dalla maggioranza si festeggia sul riconoscimento della vicepresidenza esecutiva della Commissione europea, sorvolando sul fatto che nell’Ursula Bis di vicepresidenze esecutive – esclusa quella automatica dell’Alto rappresentante per la politica estera e sicurezza – ve ne sono ben 5, tanto da far pensare alla parafrasi di un vecchio adagio, “troppi vicepresidenti esecutivi, nessun vicepresidente esecutivo”.
Sull’effettivo peso delle competenze, Fitto rispetto all’uscente Gentiloni esce un po’ depotenziato, ma nel contesto in cui si è arrivati alla sua nomina, con Fratelli d’Italia che all’insediamento di von der Leyen le ha votato contro, ponendosi fuori della maggioranza “semaforo” verde–rosso–nero che la sorregge, probabilmente non poteva aspirare a di più, specie alla luce del fatto che specie da Verdi e Socialisti si continua a protestare per la presenza all’interno della Commissione e con competenze abbastanza pesanti di un esponente dell’opposizione comunitaria e, per di più, di un partito con lontane origini fasciste, con quest’ultima che sembra essere la macchia maggiore sulle spalle di Fitto.
Ora, l’Ursula Bis ha fatto il primo passo, e quello successivo è sottoporsi all’esame dell’Europarlamento che esaminerà con attenzione ogni singolo commissario, valutandone a fondo il suo pedigree europeista, progressista, ambientalista e, non ultimo, ursuliano. Con tanti esponenti delle forze di maggioranza che hanno già annunciato il filibustering anche al loro interno, a partire dalla socialista ambientalista spagnola Teresa Ribera, sul cui collo soffia più di un distinguo da parte del PPE, così come su Fitto, dove sono soprattutto Socialisti e Verdi ad armeggiare per il sul suo affondamento. E se un candidato commissario non riesce a passare le forche caudine del voto dell’Europarlamento (come nel caso di Rocco Buttiglione nel 2004), al presidente della Commissione europea non rimane che sostituirlo con un altro personaggio, aprendo un vaso di Pandora per quanto riguarda il bilancio tra la rappresentanza dei 27 stati, ciascuno con i propri altarini, e tra le forze politiche di maggioranza.
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