Al salone dell’auto di Parigi i costruttori europei paiono rendersi conto della realtà, uscendo la mondo onirico dell’elettrificazione spinta della mobilità imbracciata soprattutto dai costruttori tedeschi (e dal gruppo Volkswagen in particolare) dopo lo scandalo del “Dieselgate” in cui sono stati coinvolti, così come vorrebbe la Commissione europea con il piano irrealistico “Fit for 55” che punta a mettere fuori commercio dal 2035 i motori a combustione interna in tutti i veicoli nuovi, spalancando di fatto le porte al mercato dell’auto europeo alla produzione cinese che ha già iniziato a colonizzare il vecchio continente.
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Uno dei più netti a bocciare il nuovo corso della mobilità elettrica voluto dalla Commissione europea c’è l’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, che ha bocciato senz’appello l’intromissione in aspetti tecnici della politica che, semmai, dovrebbe limitarsi ad indicare degli obiettivi, non anche le tecnologie per conseguirli.
Di più: la scelta miope della Commissione presieduta dalla sempre più fallimentare Ursula von der Leyen è di fatto il lasciapassare unidirezionale alla conquista del mercato della mobilità europea da parte dei produttori cinesi, visto che in Europa si pratica il libero mercato senza alcuna applicazione di dazi all’importazione sull’auto “Made in Cina”, mentre nel mercato del gigante asiatico non si entra se non si produce in loco, pena l’applicazione di dazi all’importazione molto pesanti.
Non solo: al salone dell’auto di Parigi si è evidenziato come la politica commerciale dei produttori di auto cinesi che, grazie al supporto del loro governo che applica regole ambientali ed economiche meno ferree di quelle europee, consente loro una maggiore competitività, che si riflette in prezzi inferiori delle loro auto elettriche rispetto a quelle europee. Non ci vuole un genio per capire che entro pochi anni in una siffatta situazione distorta di mercato chi avrà la meglio, condannando al fallimento la produzione europea, così come è già accaduto con la produzione dei pannelli fotovoltaici, dove l’Europa ha ceduto quasi tutta la sua produzione interna per diventare dipendente dal monopolio cinese che oggi significa oltre l’80% della produzione mondiale di pannelli.
Di qui l’appello dei costruttori, ad iniziare da Tavares, che ha chiesto al regolatore europeo pari condizioni operative sul mercato, oltre a richiamare la necessità di centrare gli obiettivi di riduzione dell’impatto ambientale della mobilità all’insegna della neutralità tecnologica, visto che lo sviluppo dei nuovi biocarburanti rinnovabili può ridurre grandemente se non azzerare le emissioni anche sui motori a combustione interna, perfino sugli oltre 300 milioni di veicoli già circolanti in Europa. Il tutto senza ammazzare intere filiere produttive, con tutto quel che ne consegue in termini di occupazione e di produzione di ricchezza.
Infine, sempre al salone dell’auto di Parigi Tavares ha ricordato la necessità di cancellare il passaggio dagli standard Euro 6 ad Euro 7 previsto per il 2027, visto che di fatto i limiti estremamente ristrettivi imporrebbero l’abolizione del motore termico, con vantaggi irrisori per l’ambiente rispetto all’Euro 6, dove già ora molte delle emissioni sono così contenute da non essere strumentalmente misurabili, ma con costi di sviluppo insostenibili per i costruttori.
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