Vini dealcolati, Giorgetti supera a destra Lollobrigida e beffa i potenziali produttori

Prima ancora che siano autorizzati alla produzione con un carico di burocrazia da 99, il ministero dell’Economia prevede accise per la loro produzione.

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Vini dealcolati Bevande a basso o nullo contenuto di alcol

I vini dealcolati, che all’estero stanno conquistando il gradimento dei consumatori con crescite di mercato a doppia cifra anno su anno, in Italia sono a loro malgrado protagonisti della peggiore burocrazia ed insipienza politica perché il settore rischia lo stop prima ancora di essere partito, spingendo la produzione fuori dai confini nazionali, come Germania, Spagna o Francia.

Di fatto, per produrre vini dealcolati sul suolo patrio le cantine italiane dovrebbero sottoporsi ad un carico di burocrazia particolarmente pesante e anche lo scenario di una produzione estera sarebbe oltremodo onerosa, con costi di esportazione del vino e di reimportazione dell’alcol etilico ricavato in cantina.

Il mondo del vino italiano guarda con preoccupazione alla bozza del decreto accise proposto dal ministero dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che potrebbe avviare la produzioneMade in Italy” di vini dealcolati previa autorizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. La norma prevista all’art. 33-ter prevede in particolare che possono essere autorizzati a ridurre il titolo alcolometrico i produttori di vino che operano in regime di deposito fiscale e che l’alcol etilico ottenuto, raccolto in un recipiente sigillato dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, sia sottoposto ad accisa.

Un provvedimento che, tuona il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti, «farà finire sul nascere la filiera italiana dei vini dealcolati in quanto pone dei limiti produttivi e un carico burocratico alle cantine tali da scoraggiare ogni investimento in questo innovativo business. E il Mef non otterrebbe alcun ricavo: nessun imprenditore investirà un milione di euro per produrre al massimo 50 ettolitri di alcol anidro, ovvero 500 hl di vino». Che poi, a rigore di norme, non si può nemmeno chiamare vino visto che non rispetta il tenore minimo di 8,5 gradi alcol necessario per fregiarsi dell’appellativo di vino, ragion per cui si dovranno inventare nomi di fantasia alternativi, come “Giorgettoevocando il ministrocolpevole” della soppressione sul nascere della filiera.

Per Castelletti si tratta di «un limite scoraggiante. Una beffa, dal momento che era in dirittura d’arrivo un decreto del ministero dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, frutto di dialogo e concertazione con la filiera enologica, che portava i vini dealcolati fuori dal sistema delle accise e non rendeva oneroso lo smaltimento della soluzione idroalcolica avendo come unico limite quello di essere applicato solo ai vini generici e varietali, non a quelli Dop e Igt, in una soluzione condivisa al Tavolo di filiera. Ora l’unica speranza è che il ministero dell’Agricoltura si confronti e trovi una quadra col Mef, è quanto chiederà al ministro Lollobrigida il nostro presidente Frescobaldi in un incontro durante Vinitaly Usa a Chicago».

 

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