Unilever e Nestlè mettono in vendita le loro controllate attive nella carne sintetica di origine vegetale.
Doveva essere l’alba e il futuro del nuovo corso alimentare ma invece pare essere arrivato il requiem per la carne non animale, quel sostitutivo a base vegetale coltivato in reattori biologici con l’aggiunta di moltissimi additivi per giungere ad un prodotto che fosse simile organoletticamente al prodotto originale, ma i consumatori non hanno abboccato, facendo languire i consumi e, conseguentemente, i fatturati dei grandi gruppi industriali che avevano investito in un settore che, con il Green Deal, pareva decisamente promettente anche sotto la spinta delle lobby ambientaliste finanziate anche dalla stessa Commissione europea come è emerso nell’ultimo scandalo finanziario a Bruxelles.
Il requiem per la carne non animale è stato intonato da colossi come Unilever e Nestlè con la prima che ha messo in vendita il marchio “The Vegetarian Butcher” acquisto nel 2018, mentre la seconda sta cercando acquirenti per la sua “Garden Gourmet”. Per entrambe, la motivazione alla dismissione sarebbe la scarsa redditività e il permanente rosso nei bilanci.
Il requiem per la carne non animale interessa anche gli Stati Uniti, dove per primi ci si era buttati nel nuovo promesso affare alimentare, con la californiana Beyond Meat che registra al Nasdaq una quotazione crollata del 96,5%. A decretare l’insuccesso della carne non carne anche le grandi catene del cibo svelto, come McDonald’s che dopo gli entusiasmi iniziali l’ha espulsa dai propri menu.
Quando si tratta di gusto, qualità e salubrità i consumatori di entrambe le sponde dell’Atlantico preferiscono addentare una succulenta, grassa ciccia rigorosamente originale.
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