Ortofrutta italiana: le bizze climatiche costano il 25% della produzione

Raccolti al minimo da inizio secolo. Secondo Coldiretti la frutta è diventata la prima voce di spesa alimentare delle femiglie. 

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Remunerazione dei produttori agricoli pesticidi ortofrutta

Le bizze climatiche che sconvolgono il normale ciclo della natura con la perdita per l’ortofrutta italiana di oltre il 27% della produzione in un 2021 segnato in media da quasi sei eventi estremi al giorno tra siccità, bombe d’acqua, violente grandinate e gelo che hanno compromesso pesantemente i raccolti.

Secondo l’analisi di Coldiretti “2021, l’anno nero della frutta Made in Italy” l’andamento climatico anomalo con l’inverno bollente, il gelo in primavera ed una estate divisa tra caldo africano, siccità e violenti temporali hanno prima danneggiato le fioriture e poi i frutti con i raccolti dell’ortofrutta italiana che sono scesi al minimo da inizio secolo. Il risultato è un calo che riguarda tutti i prodotti, dalle mele (-12%) alle pere (-69%), dalle susine (-33%) ai kiwi (-29%), dalle albicocche (-37%) alle pesche (-48%) fino alle ciliegie (-20%) rispetto alla media dei cinque anni precedenti.

Una situazione drammatica per i produttori colpiti dalle calamità che in molti casi – sottolinea la Coldiretti – hanno perso un intero anno di lavoro, ma che riguarda anche i consumatori che hanno dovuto affrontare un carrello della spesa più costoso.

Il settore dell’ortofrutta italiana garantisce all’Italia 440.000 posti di lavoro, pari al 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato grazie all’attività di oltre 300.000 aziende agricole su più di un milione di ettari coltivati in Italia e vanta ben 113 prodotti ortofrutticoli Dop e Igp. L’Italia della frutta – sottolinea Coldirettiprimeggia in Europa con molte produzioni importanti: dalle mele alle pere, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne ma anche per molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi.

Quella per frutta e verdura è diventata la prima voce di spesa delle famiglie italiane a tavola superando in valore tutti gli altri prodotti, dalla carne alla pasta, dal pesce ai formaggi, dal latte all’olio, per un totale di quasi 1.300 euro all’anno con la svolta green spinta dall’emergenza Covid. Tra i Paesidell’Unione Europea, l’Italia è quello che conta una maggiore propensione al consumo di ortofrutta con più di 8 italiani su 10 (81%) – spiega Coldiretti– che mangiano almeno una porzione di frutta o verdura al giorno, secondo l’Organic F&V Monitor. Il primato nazionale riguarda anche le quantità visto che nel 2020 il consumo pro capite annuo è stato di 160 chili, davanti a molti Paesi europei, come la Germania (109 chili) o il Regno Unito (101 chili) secondo Nomisma.

I consumi di frutta e verdura degli italiani sono aumentati di quasi un miliardo di chili nell’ultimo decbennio grazie anche ai giovani che fanno sempre più attenzione al benessere a tavola con smoothies, frullati e centrifugati consumati al bar o anche a casa grazie alle nuove tecnologie.

La ricerca di sicurezza e genuinità nel piatto porta l’88% degli italiani a bocciare la frutta straniera e a ritenere importante scegliere nel carrello frutta e verdura “Made in Italy” secondo l’indagine Coldiretti/Ixè, visto che l’Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale. Per garantirsi prodotti freschi e di qualità ma anche per sostenere il sistema dell’ortofrutta italiana duramente colpito dal clima per ottimizzare la spesa e non cadere negli inganni il consiglio della Coldiretti è di verificare la provenienza italiana, acquistare prodotti locali che non devono subire grandi spostamenti, comprare direttamente dagli agricoltori o nei mercati di Campagna Amica e non cercare per forza il frutto perfetto perché piccoli problemi estetici non alterano le qualità organolettiche e nutrizionali.

Sotto accusa infatti sono le importazioni incontrollate dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o all’Egittoper fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi – continua la Coldirettifortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permessol’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping socialeper il basso costo della manodopera.

Sul fronte dell’interscambio commerciale con il mondo, l’Italia registra nel 2021 uno sbilanciamento negativo con le importazioni che superano le esportazioni di oltre il 17% con 1,9 miliardi di chili di frutta e verdura arrivati dall’estero nei primi cinque mesi dell’anno. I cibi e le bevande stranieri sono sei volte più pericolosi di quelli italiani con il numero di prodotti agroalimentari extracomunitari con residui chimici irregolari che è stato pari al 5,6% rispetto alla media Ue dell’1,3% e ad appena lo 0,9% dell’Italia, secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto Efsa.

«E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute, secondo il principio di reciprocità – ha affermato il presidente della Coldiretti, Ettore Prandini -. E’ necessario superare l’attuale frammentazione e dispersione delle risorse per la promozione del veroMade in Italy” all’estero puntando a un’agenzia unica che accompagni le imprese in giro nel mondo sul modello della Sopexa e ad investire sulle ambasciate, introducendo nella valutazione principi legati al numero dei contratti commerciali».

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