Latte fresco, no all’allungamento a 12 giorni voluto dai grandi produttori

Cia: «tutelare la zootecnia italiana, specie quella di montagna». Assolatte: «contrarie all’allungameto della scadenza». Federagripesca Veneto: «non svilire un’eccellenza delle nostre produzioni». Bond: «il ministro Bellanova ascolti i produttori di latte, non i grandi commercianti». 

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Prezzi del latte latte fresco prezzo del latte

La zootecnia italiana che produce latte sta vivendo un periodo difficile, che rischia di amplificarsi ulteriormente se andranno in porto le richieste di allungare la data di scadenza del latte fresco, attualmente fissata in sei giorni, portandola a 12.

Da qualche tempo il comparto è in crisi ed ha rendite altalenanti in base a dinamiche di mercato che spesso non governabili completamente. In molte aree del Paese le aziende zootecniche sono però le uniche che riescono a resistere ed a mantenere un presidio territoriale determinante, soprattutto in aree delicate come quelle di montagna. La loro sopravvivenza è legata alla qualità del prodotto che ha caratteristiche peculiari tali che difficilmente altre tipologie di aziende riuscirebbero a fornire.

Tra le produzioni di grande interesse, i prodotti caseari sia stagionali che freschi, con le grandi eccellenze di prodotti di malga ed alpeggi. C’è però una parte molto importante del mercato che riguarda la vendita del latte fresco e del “latte fieno” prodotto da bovine alimentate con foraggio fresco. Il latte che viene commercializzatocon queste caratteristiche ha qualità organolettiche tali, che la normativa nazionale le ha tutelate fino ad oggicon molto rigore. Si tratta di una eccellenza italiana, unica in Europa, un vanto nazionale invidiato anche da altri paesi.

La preannunciata possibilità di aumentare la data di scadenza del consumo da 6 a 12 giorni ha scatenato la rivolta dei produttori, specie di quelli piccoli. Secondo Cia Agricoltori Italiani, la modifica «andrebbe a sconvolgere il prodotto, le sue caratteristiche, la sua storia e la sua economicità. Nel momento in cui la data del consumo aumenterà, i grandi gruppi industriali, che adesso devono rivolgersi alle aziende locali per rispettarele tempistiche molto stringenti, potranno tranquillamente rifornirsi da aziende estere che possono vendere il prodotto ad un prezzo molto più basso».

Le conseguenze, secondo la Cia, «sarebbero quindi devastanti per tutte le aziende zootecniche nazionali, ma particolarmente per quelle delle aree interne e montane. I quantitativi di latte che potranno quindi essere importati saranno tali che si rischia di cancellare una parte molto importante del tessuto imprenditoriale nazionale. I sopravvissuti dovranno adeguarsi a prezzi che ridurranno le aziende allo stato di sopravvivenzaprivandoli probabilmente della loro dignità. Riteniamo quindi determinante evitare che la data di scadenza del latte fresco venga aumentata ed è fondamentale che rimanga immutata la legge a sua tutela».

Contrari alla proposta avanzata dalla grande industria lattiera (che alimenta la sua attività soprattutto con le importazioni di latte dall’estero) anche FederAgriPesca Veneto, che chiede al ministro Bellanova di «tutelare un’eccellenza tipicamente italiana rifiutando la richiesta di allungare a 12 giorni la data di scadenza del latte fresco». Similmente anche Assolatte, l’associazione italiana lattiero casearia, che chiede al ministro Bellanova «di evitare decisioni che avrebbero effetti deleteri sul mercato del latte fresco, mantenendo l’attuale normativa».

Sul fronte politico, si muove il deputato Bellunese di Forza Italia, Dario Bond, secondo cui «il ministro Bellanova dovrebbe agire per tutelare il comparto agricolo italiano e quello zootecnico in particolare, evitando di piegarsi alle esigenze delle grandi multinazionali del settore, che agiscono in una logica di prezzo piuttosto che di qualità e di territorio. Il latte fresco è un emblema della migliore agricoltura e zootecnia italiana: è opportuno che la politica non lo svilisca alla stregua di altri prodotti, fino a fargli perdere le sue tipiche caratteristiche di unicità, che finirebbero per penalizzare i consumatori, il territorio e la filiera delle aziendeche operano nel settore».

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