La peste suina africana arriva nel Nord Italia: allarme tra gli allevatori

Il virus è stato riscontrato nella carcassa di un cinghiale a Ovada, in Piemonte. Confagricoltura: «forte rischio per l’eccessiva proliferazione degli animali». Dreosto: «tutelare il comparto suinicolo nazionale facendo leva sul principio di regionalizzazione». 

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peste suina africana

La peste suina africana ha fatto la sua comparsa in Italia con il primo caso registrato ad Ovada in Piemonte in una carcassa di cinghiale selvatico. Si tratta di un virus altamente contagioso e spesso letale per gli animali, ma non trasmissibile agli umani, ma che causa pesanti ripercussioni sugli allevamenti di animali da carne.

Secondo il ministero della Salute italiano, la peste suina africana «è presente soltanto in Sardegna, dove negli ultimi anni si registra un costante e netto miglioramento della situazione epidemiologica».  Ma il ritrovamento del cinghiale morto ad Ovada e le successive indagini condotte dall’Istituto Zooprofilattico dell’Umbria e delle Marche, centro di riferimento a livello nazionale in questo ambito, evidenziano la presenza anche nel Nord Italia.

In Piemonte l’allarme è già scattato, con la regione che definirà nelle prossime ore, d’intesa con il ministero, l’arealedella zona infetta e quella di sorveglianza per limitare la diffusione del virus e cercare di eradicarlo.

In allarme le organizzazioni degli allevatori, con il presidente di Confagricoltura, Enrico Allasia, che aveva avvertito del forte rischio del settore suinicolo nazionale per «l’eccessiva proliferazione» degli animali allo stato selvatico.

Sul tema interviene anche l’eurodeputato Marco Dreosto (Lega) secondo cui «il caso di peste suina africana è stato notificato anche all’Oie e alla Commissione europea per attivare le misure del protocollo per ostacolare la diffusione del virus». Per Dreosto, che da tempo aveva lanciato attenzione al problema, si tratta di un «riscontro quasi inevitabilepurtroppo a livello nazionale si è agito poco o nulla in materia di prevenzione: adesso, a livello comunitario, verràapplicato il principio della regionalizzazione in base al regolamento UE 605/2021, che prevede l’individuazione dell’area critica e le relative restrizioni. La priorità ora è attivare i protocolli per contrastare la diffusione della malattia e nel contempo tutelare il comparto suinicolo nazionale, che potrebbe soffrire gravemente il bloccodell’esportazione delle carni».

Il rischio, per Dreosto, è che paesi terzi importatori come Cina, Australia, Brasile e India, a differenza di quelli europei, di USA o Giappone, potrebbero non riconoscere il principio di regionalizzazione, adottando restrizioni più severe, con conseguenti pesanti ricadute su scala nazionale all’export di carni e salumi italiani.

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