Italia prima nel mondo per produzione di ortofrutta: questo, in sintesi, il risultato della pubblicazione del rapporto statistico “I punti di forza dell’agricoltura italiana (produttore leader in Europa e nel Mondo)”, nato dalla collaborazione avviata tra Confagricoltura e Fondazione Edison.
Dall’analisi emerge che l’Italia è al primo posto per valore aggiunto tra i principali paesi produttori di ortofrutta, ma anche nel settore del vino, del riso e del grano duro. Inoltre, la qualità dei prodotti italiani è considerata eccezionale a livello globale. La filiera agroalimentare, dall’azienda agricola al consumatore finale, è la più grande filiera in Italia, con un fatturato annuo di circa 540 miliardi di euro, ovvero circa il 25%del Prodotto interno lordo.
Secondo il report, l’Italia risulta primo produttore europeo di ben 17 tipi di prodotti ortofrutticoli: pomodori per la lavorazione (se ne produce 4,7 milioni di tonnellate, la Spagna seconda, ne produce 3,1 milioni), melanzane, carciofi, cicoria, indivia, finocchi e altre radici, cime di rapa, mele e pere per consumo fresco, albicocche, uva da tavola, uva da vino, kiwi, bergamotto e altri agrumi, nocciole, grano duro, riso.
L’Italia è in seconda posizione in Europa come produttore di 20 prodotti di ortofrutta: lattuga, sedano, cavolfiori e broccoli, spinaci, zucchine, aglio, fagioli, ceci, lenticchie e altrui legumi, pesche, nettarine, prugne, meloni, angurie, limoni, arance, clementine, olive, mandorle, castagne, fragole (coltivate in serra).
«Siamo orgogliosi di questi risultati – spiega il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti -, ma siamo anche convinti di avere ancora un enorme potenziale da sfruttare. Il tasso di autosufficienza interna è stimato intorno al 75% e, in termini di valore, le nostre esportazioni, circa 45 miliardi di euro all’anno, sono inferiori a quelle di Francia, Germania e Spagna».
Per Giansanti «l’emergenza sanitaria ha dimostrato che l’Italia può contare su un solido sistemaagroalimentare. Le forniture sono sempre state garantite. Ma dobbiamo andare avanti. Una volta che la pandemia sarà finita, non potremo certo tornare al punto di partenza. Esiste un potenziale di crescita, innovazione e creazione di posti di lavoro qualificati. Una maggiore consapevolezza dei nostri punti di forza, unita ad azioni che valorizzino le nostre tante eccellenze, la maggior parte delle quali ancora sconosciute, potrebbero rappresentare l’elemento essenziale che manca alla nostra politica agroalimentare».
E in questo contesto il Mezzogiorno dovrebbe giocare un ruolo strategico per via del clima e della fertilitàdelle terre, tali da assicurare anche più raccolti all’anno, ad iniziare da quelli più redditizi come le primizieche sui mercati italiani giungono più spesso dalla Spagna che dalla Sicilia o dalla Calabria.
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