Secondo Confagri la crescita è dell’8%. Ogni italiano sgranocchia 1,5 kg/anno tra noci, pistacchi e mandorle. La regione Emilia Romagna lancia una “Dried fruit valley” di qualità con 150 ettari di superficie coltivata
E’ boom dei consumi di frutta secca, non solo sulle tavole per le Feste, ma tutto l’anno. Secondo il Centro studi di Confagricoltura, l’aumento della spesa destinata al consumo domestico della frutta in guscio raggiunge quasi +8%, in controtendenza con il -1% della spesa alimentare. Il consumo medio pro-capite italiano, 1,5 chili l’anno, è ancora basso rispetto a quello di Regno Unito, Germania, Francia e Usa, ma le prospettive sono buone e si registra un forte, rinnovato interesse all’impianto di nuove superfici di coltivazione.
Si tratta di una vera e propria inversione di tendenza dopo che, da anni, l’Italia aveva perso la primazia produttiva del settore. Il trend positivo riflette in pieno l’affermarsi di nuove modalità e occasioni di consumo, a cominciare dagli aperitivi, senza dimenticare le proprietà nutrizionali e salutistiche per il sistema cardiovascolare. In particolare va bene il mercato delle noci e il consumo nazionale assorbe già tutta la produzione italiana. In Emilia Romagna, Piemonte e Veneto – fa presente L’Organizzazione degli imprenditori agricoli – sono circa un migliaio gli ettari dedicati a questa coltura; si registra un rinnovamento colturale con nuovi e moderni noceti che sono stati impiantati da alcuni anni e che, nel giro di 5-6 anni, permetteranno di raddoppiare la produzione nazionale. La varietà nazionale più nota è “Sorrento”, ma molte varietà straniere sono “naturalizzate” italiane. In Emilia Romagna successo del progetto “Noci di Romagna”. Buone notizie anche per le mandorle, con incrementi produttivi soprattutto in Sicilia e Puglia, un mercato decisamente in crescita, dove la domanda supera l’offerta.
Particolarmente richieste sono la varietà “Pizzuta d’Avola” famosa, grazie alla sua forma oblunga, per i confetti, e la “Romana”, una cultivar a guscio duro tralasciata per molti anni, ma che sta riconquistando i mercati. Molto interessanti – evidenza Confagricoltura – anche i risultati produttivi che ottengono due cultivar pugliesi a guscio tenero, le varietà “Tuono” e “Ferragnes”. Anche le nocciole hanno il vento in poppa. Continuano a crescere la richiesta (l’Italia è secondo produttore al mondo, dopo la Turchia) e la coltivazione (nelle aree vocate di Piemonte, Campania, Lazio e Sicilia). Nel solo Piemonte, ad esempio, sono già 13.000 gli ettari in produzione (75% concentrati nella provincia di Cuneo), mentre altri 4.000 sono stati recentemente impiantati. Le varietà più ricercate sono “Tonda Gentile” in Piemonte, “Tonda Romana” nel Lazio, “Giffoni” in Campania, “Nocciola dei Nebrodi” in Sicilia. Buoni i risultati per il “Pistacchio di Bronte” Dop, dopo che il Consorzio di tutela ha ottenuto finalmente il riconoscimento.
Per Confagricoltura «la forte affermazione della frutta secca richiede un censimento aggiornato delle produzioni e delle varietà, una seria lotta al falso “Made in Italy” che lede il mercato di questi prodotti di eccellenza. Occorre definire, infine, la questione della giusta denominazione per la “Nocciola Piemonte” Igp».
Sulla frutta secca investe con decisione nel settore che dà vita ad una “Dried fruit valley”, la valle della frutta secca, orientata ad una produzione di alta qualità con 150 ettari di terreni, di cui oltre 35 avviati nell’ultima stagione. Sono cresciute le superfici coltivate a “Noci di Romagna” sull’areale che si estende da Rimini a Ferrara. La produzione a pieno regime sfiorerà le 1.500 tonnellate nelle tre diverse varietà (“Lara”, “Howard” e “Chandler”) pari al 3% della domanda nazionale, con un investimento complessivo di 5 milioni di euro.
«Oggi abbiamo impiantato circa 150 ettari, tra terreni di proprietà, affittati o co-gestiti – spiega Alessandro Annibali, dirigente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, titolare di un’azienda agricola e presidente della New Factor che trasforma e commercializza frutta secca – con l’obiettivo di arrivare a 200 entro il 2018, a 300 entro il 2020 e a 500 da qui a 10 anni. Ora – continua Annibali – puntiamo a creare un consorzio di agricoltori interessati a coltivare noci da frutto: un’importante cooperativa di produttori del territorio si è data l’obiettivo, come noi, di arrivare a 500 ettari in pochi anni. Così facendo, potremo presto contare su 1.000 ettari di noceti e diventare uno dei più importanti produttori europei. Alla New Factor spetterebbe la parte più delicata della filiera legata alla commercializzazione. La qualità è garantita dal rispetto di un rigoroso disciplinare di produzione».