La Corte di Giustizia europea decreta lo stop ai nomi truffa che evocano in modo strumentale ed ingannevole prodotti a denominazione di origine riconosciuti e tutelati dall’Unione Europea, dallo Champagne al Prosecco, pronunciandosi contro l’utilizzo di termini storpiati o grafiche per richiamare tipicità protette dalle norme Ue.
Coldiretti plaude alla sentenza definendola «storica per l’Italia che è leader europeo nelle denominazioni di origine con 316 Dop, Igp e Stg che sviluppano un valore della produzione di 16,9 miliardi di euro e un export da 9,5 miliardi di euro con il contributo di oltre 180.000 operatori -afferma il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini -. Si tratta di un patrimonio sotto attacco del falso “Made in Italy” che utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per alimenti taroccati che non hanno nulla a che fare con il sistema produttivo nazionale».
Il caso è nato dal ricorso del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC), organismo per la tutela degli interessi dei produttori di champagne, contro una catena di bar spagnoli che usa il nome “Champanillo” (che in lingua spagnola significa “piccolo champagne”) per promuovere i locali, con un supporto grafico raffigurante due coppe riempite di una bevanda spumante. La diatriba è finita dalla magistratura iberica fino alla Corte di Giustizia europea chiamata a chiarire se secondo il diritto dell’Unione in materia di protezione dei prodotti Dop sia possibile usare un termine nel commercio per designare non già prodotti, ma servizi.
I giudici comunitari hanno così ricordato che il regolamento comunitario – spiega la Coldiretti – protegge le Dop (Denominazioni di origine protetta) da condotte relative sia a prodotti che a servizi, e il criterio determinante per accertare la presenza di una evocazione illegittima è accertare se il consumatore, in presenza di una denominazione controversa come per lo “Champanillo”, sia indotto ad avere direttamente in mente, come immagine di riferimento, proprio la merce protetta dalla Dop, nel caso lo Champagne. E, secondo la Corte, non è necessario che il prodotto protettodalla denominazione e il prodotto o il servizio contestati siano identici o simili, poiché l’esistenza del nesso tra il falso e l’autentico può derivare anche dall’affinità fonetica e visiva.
Dunque, se è illegittimo usare un nome o un segno che evocano, anche storpiandolo, un prodotto a denominazione di origine, la sentenza della Corte può essere applicata anche alle tante imitazioni di Dop italiane a partire dal vino Prosecco, vittima negli ultimi anni di un fiorente mercato del tarocco realizzate proprio richiamandone il nome per assonanza. «Si va – denuncia la Coldiretti – dal Meer-secco al Kressecco, dal Semisecco e al Consecco, dal Whitesecco al Crisecco».
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