Una modifica all’emendamento al ddl “Sicurezza” per escludere l’uso ricreativo della canapa sativa dall’applicazione della legge 242 che regolamenta la coltivazione della canapa in campo. È questa la proposta che il gruppo di lavoro sulla canapa industriale di Confagricoltura avanza al governo Meloni.
La richiesta della Confederazione nasce dall’emergenza di scongiurare il blocco che tutto il settore rischia con l’inserimento delle infiorescenze della canapa industriale e dei suoi derivati nel Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope (legge 309 del 1990).
Per Confagricoltura la modifica dell’emendamento al ddl “Sicurezza” permetterebbe di salvaguardare l’annata agraria in corso, lo sviluppo futuro del settore con le sue diverse filiere (dalla cosmetica alla nutraceutica al tessile e all’edilizia), garantendo allo stesso tempo le esigenze di pubblica sicurezza.
Un comparto, quello della canapa industriale italiana, con una lunga storia e che oggi rappresenta una delle principali leve per riportare i giovani al lavoro agricolo. Più del 65% delle imprese impegnate in questa coltura, infatti, sono gestite da giovani, con una buona percentuale di donne. La canapa industriale, grazie alla bassa necessità di terreno e grazie alla sua resistenza, è anche tra le produzioni che permettono alle aree interne e montane di portare avanti economie legate all’agricoltura. Non solo: grazie alle sue capacità di fissare nel terreno elementi nutritivi, la canapa industriale è anche un ottimo fertilizzante naturale, per di più coltivabile in terreni marginali non adatti ad altre coltivazioni.
Confagricoltura ricorda anche che vietare qualsiasi utilizzo della pianta significherebbe assestare un durissimo colpo ad un settore che tra il 2019 e il 2023 è cresciuto di oltre il 200% e che attualmente dà lavoro a 10.000 persone e che può crescere ancora, vuoi per il suo utilizzo più diffuso in campo edilizio per la produzione di elementi insonorizzanti e coibentanti, vuoi per l’impiego come biomassa a scopo energetico per la produzione di basi per i biocarburanti.
Anche l’export ne risentirebbe negativamente. Ad oggi, grazie all’eccellenza delle aziende operanti sul territorio nazionale e della qualità dei prodotti agricoli, oltre il 70% della produzione viene esportato all’estero (Svizzera, Germania, Spagna, Francia, Austria). Più che a vietare la coltivazione della canapa industriale, il governo Meloni farebbe meglio a favorirne il suo impiego e, soprattutto, la sua trasformazione in modo da trattenere in Italia il maggiore valore aggiunto che oggi, così come per altre filiere come il legno, finisce all’estero, salvo poi essere reimportato come prodotto finito.
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