A luglio la temperatura più alta della media (+2,6°C) e la siccità (-60% di pioggia) favoriscono gli incendi

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Per Coldiretti lo stato di abbandono dei boschi favorisce l’opera dei piromani. Moncalvo: «serve una nuova politica per la conservazione dell’acqua piovana sul territorio»

incendio boschivoLuglio bollente in Italia dove le temperature minime che sono risultate superiori di 2,6 gradi la media di riferimento mentre le precipitazioni sono risultate in calo del 60% aggravando una crisi idrica di portata storica a livello nazionale con siccità e diffusione degli incendi. E’ quanto emerge dal Dossier Coldiretti presentato all’Assemblea nazionale di Roma, sulla base delle elaborazioni dei dati Ucea relativi alla prima decade di luglio, nel focus dedicato alla eccezionale situazione di crisi idrica del Paese.

Si aggrava dunque la situazione dopo che nel primo semestre del 2017 in Italia – sottolinea la Coldiretti – erano caduti appena 251 millimetri di pioggia, ben il 30% in meno rispetto alla media di riferimento. La primavera 2017 dal punto di vista meteorologico, è stata in Italia secondo il Cnr la seconda più calda dal 1800, con un’anomalia di +1,9 gradi, ma a giugno lo scarto è stato addirittura di +3,2 gradi. Il clima particolarmente asciutto non ha solo determinato cambiamenti visibili nel paesaggio e nell’ambiente, ma anche creato le condizioni per favorire il divampare degli incendi provocati spesso da atti criminali. 

Boschi ma anche animali allevati e almeno 2.500 ettari di terreno a pascolo, vigneti e uliveti andati a fuoco nell’ultimo mese concentrati soprattutto in Sicilia, ma sparsi lungo tutta la Penisola secondo il monitoraggio della Coldiretti che parla di devastante ondata di incendi che mette a rischio, l’ambiente, l’economia il lavoro il turismo e purtroppo anche le vite umane. Tra le ragioni al mix esplosivo caldo e siccità si somma l’inarrestabile avanzata della foresta che senza alcun controllo si è impossessata dei terreni incolti e domina con 12 miliardi di alberi ormai più di 1/3 della superficie nazionale con una densità che la rende del tutto impenetrabile ai necessari interventi di manutenzione, difesa e sorveglianza nei confronti dei piromani. 

«Per difendere il bosco italiano occorre creare le condizioni affinché si contrasti l’allontanamento dalle campagne e si valorizzino quelle funzioni di sorveglianza, manutenzione e gestione del territorio svolte dagli imprenditori agricoli – ha affermato il presidente di Coldiretti, Roberto Moncalvo -. L’Italia non è mai stata così ricca di boschi con la superficie coperta che oggi è di 10,9 milioni di ettari, praticamente raddoppiata dall’Unità d’Italia, ma a differenza del passato si tratta di aree senza alcun controllo e del tutto impenetrabili ai necessari interventi di manutenzione e difesa mettendo a rischio la vita delle popolazioni locali, per degrado ed incendi». Al contrario – stima la Coldiretti – 35.000 nuovi posti di lavoro potrebbero nascere dall’aumento del prelievo del legname dai boschi in un Paese che importa l’80% del legno che utilizza. 

Nel giro di vent’anni le giornate di lavoro in agricoltura nelle montagne italiane si sono praticamente dimezzate, passando da 89 milioni a 47 milioni, con un crollo che ha costretto 320.000 aziende agricole a chiudere i battenti, Ogni ettaro di macchia mediterranea – precisa la Coldiretti – è popolato in media da 400 animali tra mammiferi, uccelli e rettili, ma anche da una grande varietà di vegetali che a seguito degli incendi sono andate perse. Nelle foreste andate a fuoco – continua la Coldiretti – sono impedite per anni anche tutte le attività umane tradizionali del bosco come la raccolta della legna, dei tartufi, e dei piccoli frutti, ma anche quelle di natura hobbistica come i funghi che coinvolgono decine di migliaia di appassionati. Solo il sostegno al lavoro nei boschi indirizzato verso una gestione sostenibile può, effettivamente, rappresentare la condizione per una manutenzione ordinata a disinnescare fenomeni spesso dolosi d’incendi e attivare reti di volontariato in grado di supportare l’attività degli organi preposti all’attività di spegnimento, conclude la Coldiretti nell’evidenziare la necessità di dare attuazione immediata all’articolo 70 della delega ambientale che prevede che siano in ogni caso remunerati i seguenti servizi: fissazione del carbonio delle foreste a dell’arboricoltura da legno di proprietà demaniale, collettiva e privata; regimazione delle acque nei bacini montani; salvaguardia della biodiversità delle prestazioni ecosistemiche e delle qualità paesaggistiche; utilizzazione di proprietà demaniali e collettive per produzioni energetiche nonché alla rapida approvazione della nuova norma forestale che sancisce l’importanza della gestione e di una visione imprenditoriale ed economica del bosco.

Secondo l’ultimo monitoraggio della Coldiretti il livello idrometrico del fiume Po è sceso a 3,15 metri sotto lo zero idrometrico, quasi mezzo metro più basso rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo le ultime rilevazioni al Ponte della Becca. Lo stato del più grande fiume italiano – sottolinea la Coldiretti – è rappresentativo della crisi idrica del Paese, anche perché dal bacino idrico del Po dipende il 35% della produzione agricola nazionale. Ma la situazione è difficile nei laghi e nelle dighe lungo tutta la Penisola. L’altezza idrometrica del lago di Garda è di 69,5 centimetri, ben il 33% in meno rispetto alla media storica del periodo.

Per Moncalvo «è necessario passare dalla gestione dell’emergenza con enorme spreco di risorse, per abbracciare una nuova cultura delle prevenzione in una situazione in cui quasi 9 litri di pioggia su 10 sono perduti. L’Italia resta un paese piovoso con circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua che cadono annualmente, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l’11% – continua Moncalvo -. Siamo costretti ad affrontare una grave emergenza perché è mancata la programmazione in un Paese che è ricco della risorsa acqua, ma che deve fare i conti con cambiamenti climatici in atto. Aumento delle temperature estive, sfasamenti stagionali con autunno caldo e primavera anticipata, più elevato numero di giorni consecutivi con temperature estive elevate, ma soprattutto modificazione della distribuzione delle piogge e aumento dell’intensità delle precipitazioni con una forte perdita per scorrimento sono effetti dei cambiamenti climatici prevedibili che richiedono interventi strutturali».

«Di fronte alla tropicalizzazione del clima – ha sostenuto Moncalvo – se vogliamo continuare a mantenere l’agricoltura di qualità, dobbiamo organizzarci per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi. Occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini aziendali e utilizzando anche le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere l’acqua piovana».