La manifattura italiana e la produttività: cosa significa essere competitivi?

Se lo chiedono Livio Romano e Fabrizio Traù di Confindustria nella “Nota” del Centro Studi Confindustria. 

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Federmeccanica

La manifattura questa sconosciuta per molti, per troppi, nonostante sia l’asse portante del sistema economico nazionale e motore dell’occupazione e dell’export, oltre che primario produttore di gettito tributario per le asfittiche casse pubbliche a qualsiasi livello siano vuote.

La manifattura italiana occupa ancora oggi la settima posizione al mondo per valore aggiunto, la quarta per diversificazione produttiva, la seconda per competitività dell’export e mostra un tasso d’investimento che è superiore a quello dei principali competitor europei, Germania inclusa.

Eppure, è largamente diffusa, non solo in Italia, l’idea che essa sia da tempo affetta da un forte deficit di competitività, che negli anni l’ha portata ad allontanarsi dalle traiettorie di sviluppo seguite dagli altri principali partner occidentali. Questa visione “declinista” si fonda su un’analisi parziale delle statistiche della crescita, circoscritta alle stime del valore aggiunto in volume (ossia a prezzi costanti).

Per fare luce su questo aspetto dell’economia italiana, Livio Romano e Fabrizio Traù hanno messo nero su bianco alcune interessanti riflessioni contenute nella “Nota” diffusa dal Centro Studi Confindustria.

E’ possibile leggere il documento completo a questo link.

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