Tasse: il 62,5% gettito Irpef pesa sul 13,9% di chi dichiara oltre 35.000 euro annui

Secondo l’indagine di itinerari Previdenziali-Cida il 42% contribuenti dichiara meno di 15.000 euro.

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I contribuenti con redditi superiori a 35.000 euro sono il 13,94% del totale e su di loro pesa il 62,52% delle tasse sui redditi sulle persone fisiche, mentre quelli che dichiarano meno di 15.000 euro sono il 42,59% del totale, compresi i negativi, e pagano solo l’1,73% dell’Irpef complessiva: il dato emerge da una ricerca di Itinerari Previdenziali in collaborazione con CidaConfederazione italiana dirigenti d’azienda che segnalacome gran parte delle imposte sul reddito pesino sul ceto medio e come l’andamento dei consumi non coincidacon quanto dichiarato al fisco.

Il totale dei redditi prodotti nel 2021 e dichiarati nel 2022 ai fini Irpef è ammontato a 894,162 miliardi, per un gettito fiscale generato di oltre 175 miliardi (157 per l’Irpef ordinaria; 12,83 per l’addizionale regionale e 5,35 per l’addizionale comunale), in crescita rispetto ai 164,36 miliardi di tasse del 2021.

Aumentano i dichiaranti (41.497.318) e i contribuenti/versanti, vale a dire coloro che versano in tasse almeno 1 euro di Irpef, che salgono a quota 31.365.535 unità, valore più alto registrato dal 2008.

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Ci sono oltre 8,8 milioni di persone (il 21,29% dei dichiaranti) che denunciano tra 0 e 7.500 euro pagando in media ben 26 euro di tasse Irpef l’anno, mentre sono 7,8 milioni i soggetti che dichiarano tra 7.500 e 15.000 euro (il 18,84% del totale). Ma fa impressione che sul 1,39% dei contribuenti che dichiarano più di 100.000 euro lordidi guadagno annuo pesi ben il 21,86% del gettito tasse Irpef complessivo.

«Non è accettabile – commenta Stefano Cuzzilla, presidente Cida – che poco più del 13% della popolazione si faccia carico della quasi metà degli italiani che non dichiara redditi e trova benefici in un groviglio di agevolazioni e sostegni, spesso concessi senza verificarne l’effettivo bisogno. Un 13% che guadagna da 35.000 euro lordi in su, e che per questo non può beneficiare del taglio al cuneo fiscale perché è considerato troppo ricco e non può difendersi dall’inflazione nemmeno quando arriva alla pensione, sempre perché è considerato troppo ricco».

Dalla distribuzione geografica dei versamenti IRPEF risulta una forte discrepanza territoriale, con il Nord che contribuisce per 100,6 miliardi, pari al 57,43% del totale, il Centro con 38,2 miliardi pari al 21,83% del totale, mentre il Sud porta in dote 36,3 miliardi, pari al 20,74% del gettito complessivo.

Una situazione di forte squilibrio, rimasta oltretutto stabile nel tempo (a riprova di interventi scarsi e inefficaci), che trova conferma anche analizzando le singole regioni: con poco meno di 10 milioni di abitanti, la Lombardia versa 40,3 miliardi di tasse IRPEF, vale a dire un importo maggiore dell’intero Mezzogiorno, che ne conta almeno il doppio, e persino superiore a quello dell’intero Centro (11,8 milioni di abitanti); al Nord spiccano anche l’EmiliaRomagna (16,3 miliardi di imposta versata), il Veneto (15,8 miliardi) e il Piemonte (14,9 miliardi), anche in termini di incremento percentuale rispetto all’anno precedente (rispettivamente +7,2%, +7,8% e +6,7%). Al Centro, con l’esclusione del Lazio che beneficia di tutte le attività accentrate dello Stato, la Toscana contribuisce con 11,6 miliardi di gettito (+7,2% rispetto al 2020) mentre al Sud Campania, Sicilia e Puglia, ovvero le regionipiù popolose, versano rispettivamente 10, 8,1 e 7,2 miliardi.

Nell’analisi del centro studi Itinerari Previdenziali guidato da Alberto Brambilla si segnala il gap tra entrate contributive e uscite per prestazioni pensionistiche che è molto più ampio al Sud rispetto al Nord. Nel 2021, a livello nazionale, il tasso di copertura dei contributi rispetto alle prestazioni risulta pari all’80,45%, in miglioramento rispetto alla rilevazione precedente (76,43%). Se la Lombardia ha un rapporto tra contributi e prestazioni del 99,66% e il Trentino del 103,01%, la copertura in Calabria è del 49,98% e in Sicilia del 61,27%. Su oltre 48 miliardi di squilibrio complessivo, quasi 10,8 sono dovuti a Campania e Sicilia. In fortesquilibrio al Nord sono il Piemonte con una copertura del 72,92% e la Liguria con il 64,83%.

Non va meglio sulla tassazione indiretta, a partire dall’Iva, dove esiste una forte sperequazione tra Nord, Centroe, soprattutto, Sud Italia. Il gettito relativo all’anno di imposta 2021 e dichiarato nel 2022 è di 130,995 miliardidi euro, con il Nord, il cui volume d’affari è pari al 62,80% del totale, che versa il 63,66% dell’intera imposta. Il Centro con il 23,37% di imponibile versa il 25,16%, mentre il Sud – con un imponibile del 12,04%corrisponde il 10,33% di tutta l’IVA.

Il gettito pro-capite evidenzia un elevato livello di sommerso: il Nord con 27.486.438 abitanti ha un pro capitedi 3.034,10 euro, il Centro con 11.786.952 abitanti versa 2.796,11 euro per cittadino, mentre il Sud, con 19.962.823 abitanti, versa un’IVA pro capite di appena 677,56 euro. Considerato che la sola Lombardia corrisponde 46,446 miliardi di IVA, il 30% in più di tutte le regioni meridionali, diventa facile ipotizzare fenomeni di evasione estremamente diffusi, visto che al Sud le vendite di beni di consumo non sono affatto marginali e depresse.

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