Approvato a maggio 2020 dal governo giallo-rosso del Conte Uno, il Superbonus 110% ha sicuramente avuto il merito di rilanciare il settore dell’edilizia, fenomenale lavoro per l’occupazione e per gli investimenti, ma anche di innescare alcuni spiacevoli fenomeni, a partire da quelli speculativi che hanno portato a raddoppiare se non a triplicare molti dei prezzi dei beni necessari alla riqualificazione immobiliare.
Che il patrimonio edilizio italiano avesse bisogno di un profondo rinnovamento, sia energetico che statico, è fuori di dubbio, anche perché per oltre il 70% è risalente a prima degli anni Settanta del secolo scorso, ben prima della crisi energetica e dei grandi terremoti. Quindi, ben venga la riqualificazione, provvedimento primadel Superbonus 110%, sostenuta con sconti fiscali del 50 e del 65% sulla spesa, con il governo Conte Unolievitato fino al 110% della spesa sostenuta in modo da pagare pure le parcelle dei professionisti e le banche per il loro servizio di sconto delle fatture con anticipazione dei denari della spesa. Un sistema natoper accontentare tutti: dai cittadini proprietari di casa che si vedono riqualificato l’immobile a costo zero, le imprese che lavorano, i dipendenti che vengono assunti, i tecnici professionisti che preparano progetti e pratiche di cantiere, le banche che lucrano sul denaro e anche lo Stato che dovrebbe incassare maggiore gettito Iva e ridurre gli oneri sociali per la minore disoccupazione.
Peccato che alla prova dei fatti, qualcosa non abbia funzionato per il meglio, così come evidenzia il rapporto Enea sull’efficacia del provvedimento. Secondo l’ente statale incaricato di vigilare sull’energia, il passaggio dal bonus del 65% a quello del 110% ha sì incrementato il volume dei lavori (nel 2021 già attivati 38.000 cantieri – 51.000 su proiezione annuale – per 8,7 miliardi di euro di spesa contro i soli 2.000 interventi e 200 milioni di euro di spesa del 2020), ma ha fatto calare del 28% l’efficienza energetica conseguita degli interventi di riqualificazione, il cui costo è mediamente raddoppiato rispetto a prima.
Tutto bene, quindi? Affatto, anche perché la forte corsa ai lavori pagati da Pantalone (ovvero da tuti i contribuenti che pagano le tasse: una piccola minoranza degli italiani) ha innescato la corsa al rialzo dei prezzi, con il raddoppio degli isolanti o la triplicazione di quelli di finestre e caldaie a condensazione. Per non dire del costo di nolo dei ponteggi, pagati letteralmente a prezzo d’amatore quando si trovano.
Il fortissimo rialzo dei prezzi ha portato anche problemi sul lato delle imprese, impossibilitate ad assorbirenei preventivi presentati ai committenti i repentini aumenti delle materie, con il risultato di sospendere i lavori o non avviarli affatto in carenza degli adeguamenti di prezzo. E per le imprese con il cantiere avviatoe un contratto blindato i problemi sono ancora più grossi, in quanto significa in molti casi lavorare in perdita.
La situazione è finita all’attenzione del governo, in quanto il Superbonus 110% così com’è non èsostenibile e sta innescando nell’edilizia che si voleva rilanciare il classico boomerang, con le imprese che si stanno fermando per il rincaro dei prezzi dei materiali sulla spinta della speculazione.
Come se ne esce? Ripensando profondamente l’ennesima grillinata (approvata con l’interessato apporto della Lega), che come quota 100 e il reddito di cittadinanza si sono rilevati solo soldi buttati dalla finestra senza centrare gli obiettivi di partenza, ripristinando la quota di compartecipazione da parte dei privati, almeno un 20% del totale, riducendo il Superbonus all’80%. Riportando una parte della spesa nelle tasche dei beneficiari dell’aiuto di Stato si rende tutti maggiormente più responsabili nell’utilizzo dei denari, pubblici e privati, cancellando il “faccia tutto e al meglio, tanto paga Pantalone!”.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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