All’interno del gruppo Stellantis, nato dalla fusione delle attività dei “vecchi” gruppi Fiat-Alfa e Peugeot-Citroen, è allarme rosso tra la filiera dei subfonitori di componentistica, specie quelli italiani, e la rete di vendita dei veicoli: i contratti in essere sono stati disdettati e entro i prossimi due anni il volto del gruppo sarà molto diverso da quello attuale.
La “rivoluzione” Stellantis, passata sotto silenzio da gran parte dei media, peserà soprattutto sull’Italia, dove l’attuale rete produttiva è, secondo le dichiarazioni del nuovo amministratore delegato Carlos Tavares, meno efficiente e più costosa. Gli stabilimenti produttivi e la filiera dei subfonitori dovranno fare un deciso salto di efficienza e di riduzione dei costi per allinearsi con i risultati già raggiunti dalle strutture francesi, che prima della fusione avevano già fatto un notevole salto di qualità.
In Italia, la struttura produttiva paga la strategia dell’ex amministratore delegato, Sergio Marchionne, di risanare i conti di casa Fiat-Alfa, riducendo la gamma di prodotto e rallentando l’evoluzione dei modelli, con conseguente invecchiamento e minore penetrazione sul mercato, riducendo anche la produzione complessiva. Poi, la stessa famiglia Agnelli ha puntato a rafforzare la proprietà spostando la sede legale in Olanda dove, oltre a minori tasse, gli azionisti di controllo possono fare valere nelle assemblee il doppio voto, blindando così il controllo.
Su tutto pesa poi anche la presenza della mano pubblica: sul fronte francese lo Stato è un azionista di peso e, come tale, farà valere i propri interessi nel tutelare il mantenimento dell’occupazione e degli stabilimenti. Su quello italiano, invece, lo Stato con il non compianto governo BisConte ha solo erogatooltre 6 miliardi di euro di prestiti garantiti senza nulla (o quasi) in cambio. E il rischio che sia l’Italia a rimanere con il cerino acceso in mano è decisamente elevato.
Ecco come la matita graffiante di Domenico La Cava vede la situazione.
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