Riforma fiscale, solito pannicello tiepido che cambia poco o nulla

Limatura degli scaglioni e mazziata per coloro che guadagnano più di 3.000 euro netti al mese. Bene l’abrogazione dell’Irap per i piccoli imprenditori e liberi professionisti. 

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riforma fiscale

La montagna del governo Draghi ha partorito il topolino della riforma fiscale, da tutti giudicata solo come il primo, piccolo passo di un cammino che proseguirà anche negli anni prossimi. D’altronde, con solo 8 miliardi di euro disponibili non era possibile fare miracoli e l’aspettativa è che il Senato – l’unico ramo del Parlamento che avrà effettivo potere di intervento sulla manovra 2022, mentre alla Camera toccherà un ruolo meramente notarile di approvazione a scatola chiusa con la fiducia per il ritardo con cui il documento finanziario dello Stato è giunto in discussione – possa intervenire allocando sulla riforma fiscale qualche miliarduccio in più, magari tagliandolo dalla spesa improduttiva e clientelare – quei 50 miliardi mai tagliati della revisione della spesa – o truffaldina – i 10 miliardi del reddito di cittadinanza.

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La cosa più tangibile è l’attesa cancellazione dell’Irap sui redditi dei microimprenditori e lavoratori autonomi prividi organizzazione stabile, recependo finalmente una sentenza della Corte di Cassazione sempre disattesa, che potranno risparmiare qualche centinaio di euro all’anno in media grazie allo stanziamento di un miliardo di euro.

Sulla rimodulazione dell’Irpef, l’eterogenea maggioranza di governo ha puntato i rimanenti 7 miliardi, centrandoli sui due scaglioni centrali della tassazione, che si riducono da 5 a 4. Lo scaglione da 15.000 a 28.000 euro viene limato di 2 punti percentuali, passando da un’aliquota tabellare del 27% al 25%, ravvicinandosi così decisamente con quello immediatamente inferiore, quello da 0 a 15.000 colpito dal prelievo del 23%, che rimane invariato. I problemi vengono negli scaglioni superiori. Quello del 41% da 55.000 a 75.000 viene abolito e suddiviso tra lo scaglione inferiore e superiore. Lo scaglione oggi da 28.000 a 55.000 euro colpito al 38% di prelievo viene limato sia nell’aliquota (passa dal 38 al 35%) che nel tetto (50.000 euro). Sopra i 50.000 euro scatta l’esproprio legalizzato al 43%, con pesante penalizzazione di coloro che prima s’attestavano attorno a quota 60.000 euro.riforma fiscale

Ad indorare la pillola c’è il sistema delle detrazioni che riequilibra il peso degli scaglioni, in alcuni casi riducendoli, in altri rialzandoli, a seconda del carico di famiglia. La cosa più odiosa è che permane la differenza di trattamento tra reddito da lavoro dipendente – che gode di maggiori garanzie e sicurezze – e quello da lavoro autonomo, che viene penalizzato da aliquote minori di deduzioni.

Per arrivare ad una riforma organica e compiuta c’è ancora molta, troppa strada da fare e difficilmente potrà essere realizzata con quest’eterogenea maggioranza di governo di salute pubblica con dentro tutto e il suo contrario.

Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.riforma fiscale

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