La riforma della giustizia è quello che si definisce sia come un “tema caldo”, ma anche come un “tema esplosivo”, dove pure una maggioranza larghissima ma extra eterogenea come quella che sorregge il governo di Mario Draghi rischia di implodere.
In Italia la giustizia penale e soprattutto civile ha molti acciacchi, specie in tema di lunghezza dei provvedimenti per arrivare ad una sentenza definitiva: lustri come minimo se non decenni. Specie in campo civile, quando sono in ballo contenziosi economici tra aziende, l’inefficienza della giustizia è uno dei fattori che allontanano gli investimenti esteri, estremamente utili per il rilancio dell’economia nazionale.
Da almeno trent’anni, la politica è inerme dinanzi alla riforma della giustizia, con ogni legge, anche quelle scaturite da referendum popolari, sono finite nelle sabbie mobili dei meccanismi che governano in autonomia il mondo giudiziario, con il risultato gattopardesco di cambiare tutto affinché nulla cambi.
Il Parlamento è nuovamente impegnato nella riforma proposta dall’attuale ministro Marta Cartabia che punta a ritoccare in profondità la recente riforma del ministro pentastellato Alfonso “Fofò” Bonafede, che ha trasformato tutti gli italiani coinvolti nel processo penale come inquisiti senza fine con l’abolizione della prescrizione, tema che ora ritorna e che rischia di essere divisivo della maggioranza Draghi.
Sull’altro fronte, Lega e partito Radicale sono ripartiti con una nuova campagna referendaria con ben sei quesiti che stanno raccogliendo il consenso tra la popolazione con oltre 100.000 firme raccolte nel giro di pochi giorni. Un bell’esercizio di politica nelle piazze che ai promotori frutta anche un euro per ogni firma convalidata dalla Cassazione, che alla fine escono dall’esercizio pure con un bel gruzzoletto netto.
Tra referendum e riforma parlamentare gli italiani riusciranno ad avere finalmente una riforma organicadella giustizia? Staremo a vedere, ma i presupposti non sono per nulla positivi, anche se a pesare per l’approvazione di una riforma questa volta c’è la spada dei fondi europei, che in caso di mancata riforma potrebbero tornare al mittente. Forse l’unico buono motivo per approvare il provvedimento.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava vede la situazione.
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