Al ministero dello Sviluppo economico fervono le trattative e le simulazioni su come organizzare la nuova tornata di incentivi al mercato dell’auto, negli ultimi tempi precipitato a livelli che non si vedevano dagli Anni Sessanta, con un mercato, su base annua, di poco più di un milione di pezzi venduti.
Sul piatto ci sono 700 milioni per il 2022, mentre per gli anni dal 2023 al 2030 ci saranno un miliardo all’anno per sostenere il passaggio tecnologico verso la riduzione delle emissioni. Un programma che andrà rivisto a seguito della mutata linea d’azione presa sia dai governi di Francia, Germania e anche Italia oltre che dalle maggiori case automobilistiche che hanno inflitto una forte frenata ai progetti della Commissione europea di mettere al bando entro il 2035 i veicoli con motore termico, accorgendosi finalmente che l’elettrificazione spinta non è quel rimedio taumaturgico finora predicato per ridurrel’inquinamento della mobilità di merci e persone.
Per il ministro Giancarlo Giorgetti il problema è di come articolare la nuova tornata di incentivi, perché quella dello scorso anno, caratterizzata da continue partenze, fermate e ripartenze ha finito con lo scombinare ancora di più un mercato già critico, impedendo qualsiasi programmazione e, soprattutto, sostenendo consumi di nicchia e di una fascia di acquirentiad alta capacità di spesa.
Mentre all’estero si è già capito che sostenere con ricchi contributi pubblici l’auto elettrica e ibrida che non abbattono affatto l’inquinamento, limitandosi solo a spostarlo, è un errore con la conseguenza che gli incentivi pubblici sono stati fortemente limitati se non rimossi, in Italia si vorrebbe continuare a pompare soldi pubblici a palate sull’auto elettrica (si parla di 6.000 euro) ed ibrida (ipotesi di 3.000 euro), mentre si vorrebbe escludere dagli incentivi i veicoli dotati di motore termico o, al limite, estenderli a solo quelli con ridottissime emissioni.
Secondo “Lo Schiacciasassi” serve un drastico cambio di approccio, equiparando gli incentivi per tutti i veicoli a standard Euro 6 pieno, a prescindere dalla loro alimentazione, con l’erogazione di 2.000-3.000 euro a veicolo.
Non solo: per sostenere strutturalmente le nuove vendite e lo svecchiamento del mercato italiano – uno dei più vecchi in Europa e nel mondo – serve abolire le penalizzazioni fiscali gravanti sull’auto aziendale – che gravano sensibilmente sulla competitività delle imprese e dei professionisti italiani – e favorire la diffusione dell’auto aziendale presso i dipendentievitando gli attuali disincentivi in capo agli utilizzatori. Nel primo caso, si genererebbero vendite aggiuntive per almeno 150.000 pezzi in più all’anno, che potrebbero anche triplicare se venisse cambiata la regola relativa all’auto aziendale concessa in uso ai dipendenti, così come avviene da decenni all’estero, dove sono proprio le aziende ad essere protagoniste sul mercato del nuovo.
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