La crisi energetica odierna risale alle decisioni del governo Letta del 2014

Le forniture russe di gas all’Italia sono aumentate dal 20% ad oltre il 40% con il suo governo e a Calenda ministro dello sviluppo economico si deve il niet al rigassificatore di Trieste. 

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crisi energetica

La crisi energetica il problema sommo dell’economia nazionale ed europea degli ultimi mesi, problema destinato a durare ancora a lungo che affonda al 2014, quando EnricoStai SerenoLetta firmò con il presidente russo Vladimir Putin un accordo per raddoppiare le forniture di gas russo all’Italia, riducendo parallelamente gli acquisti da Libia e Algeria, tradizionali fornitori del Belpaese, dopo le tensioni insorte con le primavere arabe e con la destabilizzazione del dittatore libico Gheddafi ad opera del governo francese guidato da Nicolas Sarkozy.

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Letta è colui che ha deciso di aumentare la dipendenza energetica italiana dalla Russia, quando lui aveva ereditato dal governo Berlusconi una situazione tutto sommato di equilibrio con le forniture russe che assommavano solo al 20% dei consumi nazionali. Oggi, Letta dovrebbe fare un attento esame di coscienza e ammettere pubblicamente le proprie colpe nell’avere abbandonato una politica di saggia diversificazione dei fornitori energetici del Paese.

Ma in tema di errori energetici Letta non è solo: è in buona compagnia a partire da Carletto Calenda, quado da ministro dello Sviluppo economico Dem del governo Renzi, già con la valigia in mano per mollare il Pd per approdare a Scelta Civica fondata da Mario Draghi, decise di bocciare la realizzazione del rigassificatore di Trieste proposto dagli spagnoli di Repsol, che proponevano un investimento di 150 milioni di euro nella realtà giuliana. Un progetto che se fosse stato realizzato, oggi consentirebbe all’Italia di non essere in crisi energetica.

Ne va meglio il Pd scendendo per l’Italia, dove in Puglia l’allora presidente della regione Niki Vendola fece melina per ben 11 anni verso gli inglesi di British Gas che a Brindisi volevano investire 500 milioni per realizzare un altro rigassificatore. Alla fine, non se ne fece nulla, salvo buttare nel cesso democratico una bella fetta di investimenti privati (e posti di lavoro).

E che dire della tragicomica vicenda del Tap, il gasdotto che collega l’Italia ai giacimenti dell’Azerbaijan, che un altro presidente pugliese, sempre Dem, come Michele Emiliano ha fatto di tutto per bloccarlo, salvo fortunatamente non riuscirci, che oggi si è trasformato in una sorta di salvagente energetico del Paese (e di parte dell’Europa) capace di trasportare oltre 11 miliardi di metri cubi di gas all’anno e con la prospettiva di raddoppiarle entro qualche anno?

Prima di lanciare strali sui competitori Dem, Enrico Letta (e tutta la sua gioiosa macchina da guerra Dem – copyright Achille OcchettoCarletto Calenda compreso) dovrebbe fare ammenda e correre ad abolire il Pitesai rocambolescamente approvato solo qualche mese fa e rimettere mano alla produzione nazionale di gas e di petrolio, sia per ridurre l’impatto ambientale che, soprattutto, i costi economici per il Paese. In caso contrario, gli elettori sono autorizzati a sbertucciarli nelle urne del 25 settembre.

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