L’Italia ha un problema gigantesco costituito dal suo debito pubblico giunto a livelli impossibili, a quota 2.637 miliardi di euro. E questo senza conteggiare i nuovi 40 miliardi del decreto “Sostegni Bis” e i circa 230 miliardi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) forniti dall’Europa per consentire il riavvio dell’economia.
Chi paga? Bella domanda. Sicuramente non la classe politica attualmente in servizio che, semmai, pagherà personalmente alla prossima scadenza elettorale con molte, solenni trombature. Chi paga sono tutti i cittadini e, soprattutto, le giovani generazioni, sul cui gobbo graverà un debito enorme: già oggi, su ogni cittadino italiano, dal neonato al moribondo, grava un onere superiore a 40.000 euro procapite.
Si capisce che il Paese negli ultimi anni è vissuto decisamente sopra le sue possibilità soprattutto a causa della crescita della spesa clientelare, ad iniziare dal reddito di cittadinanza, da quota 100 e da amenità come il “cash back” e la lotteria degli scontrini, per non dire delle decine di bonus e sovvenzioni inutili, come quello sui monopattini che hanno portato il rapporto debito pubblico/Pil a quota 160%.
Ora che in queste ore si sta discutendo su come spendere – meglio sarebbe dire investire – gli oltre 230 miliardi del Pnrr: bene per le infrastrutture stradali e ferroviarie, bene per la digitalizzazione del Paese, bene le riforme indispensabili (dalla burocrazia alla giustizia). Assolutamente da cancellare le mance cui tendono tanti, troppi politici, attenti più alle esigenze clientelari che ad una corretta allocazione delle risorse. Una sfida su cui si misureranno le capacità del premier Draghi nel fronteggiare i desiderata dei partiti.
Una situazione che ha stimolato la matita graffiante di Domenico La Cava:
Bisogna spendere bene e presto in modo da avviare il volano della crescita in modo da fare aumentare le entrate così da ridurre il debito, senza scivolare in facili tentazioni di mettere le mani del fisco nelle tasche dei contribuenti già ampiamente vessati.
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