L’annunciata revisione degli estimi catastali che si traduce troppo rapidamente in un incremento della tassazione sul mattone, ha portato Unimpresa a fare un’analisi complessiva sulle tasse che lo Stato raccoglie ogni anno, pari a 491,5 miliardi, gran parte del peso del fisco gravante sui redditi e sull’Iva.
Secondo Unimpresa, sugli immobili grava di fatto una patrimoniale di 11 miliardi di euro l’anno, considerando 4,8 miliardi di tassa di registro sulle compravendite, 3,8 miliardi di Imu, 1,6 miliardi di imposte ipotecarie, 800 milioni sulle successioni.
Sono i lavoratori, comunque, a sopportare il maggior peso del fisco in Italia: quasi la metà del gettito tributario italiano è legata all’Irpef, balzello che, sul totale di 491 miliardi di euro di gettito, assicura alle casse dello Stato 209 miliardi (42%). Le aziende, invece, tra i 32 miliardi di Ires e i 23 miliardi di Irap, versano all’amministrazione finanziaria 56,3 miliardi (11%).
A questi, secondo il Centro studi di Unimpresa, s’aggiunge l’Iva che assicura allo Stato quasi 137 miliardi (28% del gettito totale), mentre le accise su benzina, tabacchi, gas e alcol valgono più di 39 miliardi (8%), mentre la tassa sulla “speranza” (giochi e lotto) garantisce 14,3 miliardi (3%).
«Altro che riforma del catasto – sbotta il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara -: più che rivedere i cosiddetti estimi per aumentare il prelievo sugli immobili, occorre ridurre il carico fiscale per favorire sia la ripresa delle compravendite sia il rilancio di tutto il comparto dell’edilizia, dalle costruzioni alle ristrutturazioni».
Il Centro studi di Unimpresa ha valutato l’apporto al fisco di ogni singolo balzello. Del totale del gettito tributario è pari (dati relativi al 2020) a 491,5 miliardi di euro, quasi la metà dell’incasso è riconducibile all’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche, con 208,9 miliardi (il 42,5% del totale): di questi, 17,3 miliardi sono legati alle addizionali regionali e comunali.
Nella classifica delle tasse più esose, staccata di oltre 70 miliardi, c’è l’Iva, che assicura allo Stato un gettito di 136,9 miliardi (27,9%). Seguono, con valori assai più contenuti, l’Ires (imposta sul reddito delle società) con 32,7 miliardi (6,7%), le accise su benzina e altri prodotti petroliferi con 25,4 miliardi (5,2%), l’Irap (imposta regionale sulle attività produttive) con 23,6 miliardi (4,8%), le accise sui tabacchi con 10,6 miliardi (2,2%), l’Isos (imposta sostitutiva sui redditi da capitale) con 8,3 miliardi (1,7%), i proventi dal lotto con 7,7 miliardi (1,6%), i tributi legati alle assicurazioni con 7,1 miliardi (1,4%), i proventi sui giochi e le scommesse con 6,6 miliardi (1,3%), l’imposta di bollo con 6,6 miliardi (1,3%), l’imposta di registro con 4,8 miliardi (1,0%), l’Imu (imposta municipale unica sugli immobili) con 3,8 miliardi (0,8%), le accise sul gas naturale con 2,7 miliardi (0,5%), il canone tv con 1,9 miliardi (0,4%), le imposte ipotecarie con 1,6 miliardi (0,3%), le imposte sulle plusvalenze finanziarie con circa 900 milioni (0,2%), l’imposta sulle successioni con circa 800 milioni (0,2%), le accise sui prodotti alcolici con circa 600 milioni (0,1%).
Dalle aziende il fisco preleva 37,2 miliardi di Ires e 23,6 miliardi di Irap per un totale di 56,3 miliardi (11,5%). Sul mattone, poi, pesa una sostanziale tassazione patrimoniale di 11 miliardi (2,2% del gettito complessivo): ogni anno si pagano 4,8 miliardi di imposte di registro (applicate principalmente alle compravendite immobiliari), 3,8 miliardi di Imu (balzello su abitazioni e terreni, escluse le “prime case”), 1,6 miliardi di imposte ipotecarie e 800 milioni di tasse sulle successioni. La tassa sulla “speranza” vale complessivamente” 14,3 miliardi pari al 2,2% del gettito totale: 7,7 miliardi arrivano dal lotto e altri 6,6 miliardi da giochi e scommesse. Le accise valgono 39,3 miliardi (8%) e contemplano i balzelli su benzina e petroli (25,4 miliardi), tabacchi (10,6 miliardi), gas naturale (2,7 miliardi), alcol (600 milioni).
«Il nostro sistema fiscale è assai squilibrato e, comunque, eccessivamente gravoso per i contribuenti – osserva il consigliere nazionale di Unimpresa, Marco Salustri -. Di tutto questo dovrà tener conto il governo, se vorrà davvero creare un fisco più equo e in linea con i migliori standard internazionali, quando, a breve, dovrebbe aprire il cantiere della riforma tributaria. Una riforma che dovrà seguire due direttrici: anzitutto la creazione di un prelievo fiscale volto a favorire investimenti delle imprese e ripresa dell’occupazione, mentre il secondo obiettivo deve essere la semplificazione, con meno norme e regole chiare per tutti i contribuenti».
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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