Alla fine del mese di giugno terminerà, forse , il divieto di licenziamento dei lavoratori imposto dal decreto“Cura Italia” del 17 marzo 2020 che ha congelato il mondo del lavoro privato a seguito della diffusione della pandemia da Covid-19. Con questo provvedimento, i licenziamenti collettivi ed individuali erano bloccati, ingessando l’attività delle imprese, cui veniva offerta l’erogazione della cassa integrazione senza costi per l’impresa.
Ora, dopo oltre un anno di vigore del provvedimento, è necessario arrivare ad una soluzione finale, ovvero la fine del divieto di licenziamento, che i sindacati vedono come il fumo negli occhi, quando, invece, anche in caso di licenziamento i lavoratori dipendenti sono protetti dall’erogazione di ben 24 mesi di Naspi.
Quella dei sindacati è una battaglia di mero carattere ideologico, priva di reale fondamento, anche perché se i lavoratori vengono licenziati, questi non sono abbandonati al loro destino, ma hanno l’ombrello della Naspi per ben 24 mesi, arco temporale in cui possono trovare una nuova occupazione, specie in un momento come questo dove le imprese soffrono della mancanza di manodopera.
Per un’azienda la libertà di licenziare è fondamentale per riassettare la propria struttura produttiva su altri livelli, riducendo i costi operativi in attesa di trovare nuovi filoni di crescita e di creazione di nuovi posti di lavoro. Viceversa, continuare a tenere le aziende bloccate con il divieto di licenziare impedisce loro di imboccare nuovi filoni di crescita e di sviluppo.
Secondo “Lo Schiacciasassi” è necessario abbandonare una battaglia di retroguardia. Ce la ricordiamo tutti la lotta ideologica dei sindacati contro i voucher che consentivano il lavoro a termine e con la garanzia della copertura pensionistica, assicurativa e fiscale delle persone che prestavano la loro opera saltuariamente, dalla babysitter al giovane o anziano che aiutava amici o parenti nella vendemmia. Lo si è voluto abrogare e invece di creare nuove occasioni di lavoro le si sono distrutte.
Ecco, per non perdere il treno della ripresa economica, le imprese devono essere messe nella migliore condizione di competere e con il peso di troppa manodopera queste non riescono a correre come dovrebbero. E, invece di crescere, stanno ferme o, peggio, falliscono.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
Per rimanere sempre aggiornati con le ultime notizie de “Il NordEst Quotidiano”, iscrivetevi al canale Telegram per non perdere i lanci e consultate i canali social della Testata.
YouTube
https://youtu.be/x0Ohfr7jfb4?sub_confirmation=1
Telegram
https://twitter.com/nestquotidiano
https://www.linkedin.com/company/ilnordestquotidiano/
https://www.facebook.com/ilnordestquotidian/
© Riproduzione Riservata