Festa del 1° maggio non per tutti, specie per il lavoro autonomo

Mentre i sindacati sempre più gonfi di pensionati che di lavoratori in servizio festeggiano retoricamente, quasi nessuno si preoccupa del futuro del 22% della forza lavoro del Paese.

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lavoro autonomo

Il lavoro autonomo, questo sconosciuto: la festa del 1° maggio è sempre più una sterile autocelebrazione di un mondo decisamente diverso dalla realtà con sindacati sempre più rappresentativi di chi il lavoro lo ha lasciato piuttosto di coloro che sono ancora attivi, con il 22% della forza lavoro del Paese, quella del lavoro autonomo per l’appunto trascurata e negletta. Essì che spesso costituisce la parte migliore dell’Itaglietta che per un caso fortuito ha dato in mano le leve del potere a soggetti come Luigi Di Maio, quella meteora transitata dalle gradinate del San Paolo agli scranni della Camera per poi fare un rapido passaggio al ministero del Lavoro (di lui si ricordano “perle” come il reddito di cittadinanza, i navigtor, l’Anpal, ecc.) per poi rifugiarsi al ministero degli Esteri, lui che fa la guerra ogni giorno con l’itagliano e l’inglese in salsa pomiglianese.

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Torniamo al lavoro autonomo: nell’anno della pandemia da Covid-19 oltre 345.000 posizioni sono state chiuse vuoi per la crisi economica indotta da scellerate chiusure a strascico, vuoi per bilanci diventati insostenibili tra spese che continuano a correre e entrate sempre più al lumicino. Ecco, in questo contesto più che comprensibile il fatto che molte Partite Iva abbiano mollato, cambiando lavoro, magari andando all’estero, o imboccando la via della pensione anticipata per i pochi fortunati in possesso dei requisiti. Tutti gli altri sono stati costretti a fare ulteriori buchi nella cintura dei pantaloni, rasare il fondo del barile dei risparmi e attendere che qualcuno al governo si ricordi che oltre ai garantiti della cassa integrazione ci sono anche 4.893.000 persone che hanno avuto il loro reddito praticamente azzerato per le scelte del governo, persone di cui i due ultimi governi si sono praticamente dimenticati.

Ecco come la matita graffiante di Domenico La Cava interpreta la situazione.lavoro autonomo

Per tutti costoro “Lo Schiacciasassireclama la doverosa attenzione che deve arrivare prima, decisamente prima dei 7 miliardi che il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha stanziato per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, per tacere delle corsie agevolate per rimpinguare con carrettate di persone le fila della pubblica burocrazia meridionale. Caro Brunetta, prima di agire in senso contrario a quella che dovrebbe essere la sua formazione di liberale, s’impegni a tagliare di brutto la burocrazia e ad efficientarla, magari ricorrendo anche al contributo a termine di qualche migliaio di liberi professionisti che pare avere dimenticato. Solo dopo che l’avrà resa un orologio svizzero, si potrà parlare di rimpinguare la burocrazia nazionale con nuove forze.

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