Dal 15 ottobre prossimo inizia la rivoluzione con l’obbligo indistinto per tutti i lavoratori di munirsi di “Green pass”, pena l’impossibilità svolgere la propria prestazione e di ottenere la relativa paga. Un problema soprattutto per le piccole e piccolissime aziende che saranno in forte difficoltà a sostituire dipendenti non “certificati”, visto che secondo la Cgia sono ancora 3,7 milioni di dipendenti del settore privato che non si sono ancora vaccinati.
La situazione non è facile, perché per avere il “Green pass” serve o avere superato il Covid, oppure avere fatto la vaccinazione con doppia dose o, ancora, avere fatto il tampone orofaringeo valido 72 ore. Detto che per fare il vaccino i tempi sono tecnicamente lunghi – circa 40 giorni tra le due dosi – l’unica alternativa validamente percorribile è quella di fare un tampone nuovo ogni 3 giorni, alla cifra non proprio trascurabile di 16 euro ad esame, oltre ad impiegare circa un paio d’ore a ciclo, che su base mensile porta ad un costo di circa 170-200 euro. Cifre non trascurabili, specie per chi guadagna circa 1.200-1.400 euro al mese.
Di fatto, la decisione del governo Draghi è l’introduzione surrettizia di un obbligo vaccinale che non poteva essere istituito ufficialmente, essendo i vaccini in utilizzo non ancora del tutto validati sotto il piano sperimentale: vaccino gratis contro tampone a pagamento da parte del singolo cittadino, visto che il governo non ha voluto sobbarcarsi anche del costo dei tamponi, come da più parte si chiedeva. Certo, si sarebbe potuto anche puntare su un più diffuso utilizzo dei tamponi salivari, meno invasivi e cari, ma così non è stato.
Di fatto, per le imprese è scattato l’allarme rosso: il decreto prevede che le imprese con meno di 15 dipendenti possano sostituirequello non “certificato”. Operazione praticamente impossibile, come ricorda la Cgia: «trovare alcune figure professionali è da tempo un’impresa quasi impossibile, soprattutto in alcune aree del Paese. Ricordiamo che in Italia il numero degli addetti medi per azienda è pari a 4 (un titolare e 3 dipendenti). L’impossibilità di rimpiazzarne anche uno, implicherebbe al titolare dell’attività di non disporreper un determinato periodo di tempo di un terzo della forza lavoro. Insomma, per le aziende con pochi o pochissimi dipendenti, lo stop per uno di loro significa il fermo della produzione».
Secondo l’Ufficio studi della Cgia, le imprese più a rischio potrebbero essere quelle del settore metalmeccanico, dell’edilizia, del tessile e della calzatura, dove già ora molti posti di lavoro sono scoperti perché mancano i candidati, soprattutto se tecnici qualificati.
Secondo i dati diffusi a metà settembre dal Governo Draghi, i lavoratori dipendenti del settore privato che si sono vaccinatiammontano a 11 milioni, mentre quelli che non l’hanno ancora fatto sono 3,7 milioni. Pertanto, la percentuale dei non “protetti” sul totale della categoria è pari al 25,1%. Tra i disoccupati, invece, gli immunizzati sono 1,8 milioni, quelli che non lo hanno ancora fatto sono mezzo milione (21,7% dei non vaccinati). Fra la popolazione inattiva, 10,8 milioni sono in possesso della certificazione verde, 2,7 milioni ne sono ancora sprovvisti (20% del totale). I dipendenti pubblici in possesso del “Green pass”, invece, sono 2,9 milioni, quelli senza poco più di 400.000 (12,1%).
Poi c’è il grande tema dei controlli, specie nel grande mondo del lavoro sommerso e in nero. Una domanda che si fa la Cgia: «chi controllerà il lasciapassare alle centinaia e centinaia di migliaia di finti artigiani che ogni giorno si recano abusivamente nelle abitazioni degli italiani per aggiustare un rubinetto, cambiare la serratura, fare una messa in piega o sostituire una tapparella?» In Italia, ricordano gli artigiani mestrini, il numero dei lavoratori in nero è di poco superiore ai 3,2 milioni. Sono persone che arrotondano le loro entrate per qualche ora o per l’intera giornata lavorando in maniera irregolare: vale a dire senza versare imposte e contributi previdenziali. Oltre 1,2 milioni è ubicato al Sud, quasi 781.000 a NordOvest, quasi 724.000 nel Centro e poco più di 525.000 nel NordEst.
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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