Con l’approvazione definitiva della Finanziaria 2022, il 31 dicembre 2021 si chiude una pagina della fiscalità italianache si è dimostrata inutile e controproducente se non dannosa per l’economia e per interi settori industriali: la cosiddetta “ecotassa”, il balzello introdotto dal primo governo Conte sulle auto con emissioni di CO2 superiori a 160 g/km (soglia poi portata a 190 g/km a partire dall’introduzione della più restrittiva norma di omologazione Wltp) non è stata rinnovata, andando a scadere come provvedimento sperimentale di durata triennale. Nessuno ne sentirà la mancanza.
L’ecotassa ha fruttato un gettito decisamente inferiore a quello previsto e ha finito per riflettersi anche sulle vendite di auto di maggiore costo che avrebbero generato entrate fiscali superiori in termini di Iva, Ipt e tassa di possesso. Essa colpiva con un prelievo “una tantum” all’immatricolazione i veicoli con emissioni superiori alle soglie indicate, con un andamento crescente al crescere dell’impatto ambientale dei veicoli, con un balzello variabile tra 1.100 e 2.500 euro.
Secondo i dati forniti dal ministero dell’Economia, nel triennio compreso tra il 2019 e i primi 10 mesi del 2021l’imposta ha fruttato entrate totali per 122,8 milioni di euro, contro i 210 milioni preventivati dalla Ragioneria dello Stato. Un classico autogol della peggiore politica classista che alberga ancora in modo massiccio tra la classe di governo italiana, quella che della lotta di classe e del “punire i benestanti” (che sono tutto e il loro contrario: come la si mette con un operaio appassionato di motori che, con il suo salario da dipendente, risparmia euro su euro qualche anno, mettendo da parte i soldi per acquistare una Golf Gti o una Focus ST da meno di 40.000 euro? Forse è un abbiente da mazziare?) ha fatto la propria bandiera.
L’esperienza non pare avere insegnato nulla a buona parte della classe politica attuale, tant’è vero che due esponenti dell’arcipelago pentastellato hanno depositato una proposta, attualmente solo nella forma di ordine del giorno alla legge di bilancio appena approvata, per ripristinarla con l’obiettivo di generare entrate per finanziarel’acquisto delle inutili ed inquinanti auto elettriche e delle relative colonne di ricarica ad alta potenza, dove l’energia costa un botto, con il risultato di far costare un viaggio su strada extraurbana o in autostrada il triplo di quello che sarebbe utilizzando la negletta benzina o il vituperato gasolio.
Per una tassa che muore, un’altra sopravvive, soprattutto nelle modalità decisamente farraginose del suo pagamento: si tratta del superbollo che colpisce ogni anno tutti i possessori di veicoli con motore potente oltre i 185 kW, pari a 250 Cv. Nonostante la proposta di alcuni senatori di Fratelli d’Italia volto ad abolirlo in quanto l’addizionale erariale è stata ritenuta dalle commissioni finanze di entrambi i rami del Parlamento tra i microprelievi, ovvero quelle imposte e le tasse che portano nelle casse dello Stato gettiti non significativi la cui gestione spesso costa più di quello che genera, la proposta non è passata e anche nel 2022 continuerà a colpire.
Sempre secondo i dati forniti dal ministero dell’Economia, il gettito del superbollo dalla sua ideazione nel 2011 da parte del governo Berlusconi ad oggi ha fruttato una media di 113 milioni di euro all’anno. Solo che alla nascitacolpiva solo i veicoli con potenza superiore a 225 kW (306 Cv), salvo che il successivo e non dimenticato governo Monti pensò bene ad incrementarne la portata abbassando la tagliola dal 2012 a 185 kW (252 Cv), oltre a raddoppiare l’importo da 10 a 20 euro per ogni kW sopra la soglia. Bontà del premier in loden, oltre al bastone si è introdotta la carota prevedendo il progressivo abbassamento del balzello man mano che l’auto invecchia: da 20 a 12 euro/kW dopo cinque anni dalla costruzione, 6 €/kW dopo dieci e 3 €/kW dopo 15. Dopo vent’anni, la tassa si azzera.
Anche in questo caso, il gettito atteso è stato ben sotto alle attese del governo, con un gettito complessivo di 903 milioni di euro. Anche in questo caso, il provvedimento concepito male (il pagamento del superbollo va fatto separatamente dal bollo principale e attraverso il più complesso modello F24, quello con cui si pagano tasse, contributi ed altre amenità del genere) e generato peggio, con tante case automobilistiche costrette a riomologareversioni depotenziate dello stesso modello prestazionale per evitare di finire sotto la ghigliottina del superbollo.
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