Segno meno nel 2020 della birra in Italia, con numeri che rispecchiano l’impatto della pandemia da Covid-19sul comparto birrario italiano. A dirlo sono i dati dell’Annual Report 2020 di AssoBirra: nel 2020 la produzione nazionale di birra ha visto un calo dell’8,4%, accompagnato da una netta flessione dei consumipari all’11,4% e da una più contenuta diminuzione dell’export che ha segnato una decrescita del 4,8%, a causa delle restrizioni imposte dalle misure per il contenimento dell’emergenza Covid-19.
Una fotografia illustrata dal presidente di AssoBirra, Michele Cason, ribaltata rispetto a quella dell’anno 2019 che aveva messo a segno record storici in termini di produzione, consumi ed export, che ha stimolato l’interesse de “Lo Schiacciasassi”. In ogni caso nel 2020 la birra è stata la bevanda più consumata dagli italiani, persino durante il confinamento, riuscendo a creare socialità anche quando sembrava impossibile o quasi.
«Significa – ha spiegato Cason – che la birra rimane un importante patrimonio per l’Italia e il Covid ha dimostrato che il nostro settore è una vera filiera, in cui tutti i soggetti coinvolti sono collegati, con circa 900 imprese e oltre 115.000 occupati dalle imprese agricole fino ai punti di consumo out-of-home. Ogni persona occupata in produzione contribuisce a creare ben 31,4 posti di lavoro. Il tutto si traduce in un valore condiviso generato dalla birra in Italia che nel 2019 ammontava a 9,5 miliardi di euro. La birra è dunque una ricchezza per il tessuto economico italiano e per l’industria agroalimentare e pertanto va supportata e valorizzata affinché possa tornare a crescere».
Secondo l’Annual Report 2020 di AssoBirra, la produzione nazionale di birra si è attestata a 15.829.000 ettolitri, calando dell’8,4% rispetto al 2019 (quando aveva raggiunto i 17.288.000 ettolitri) e i consumi – colpiti dalle restrizioni imposte nel fuori casa – hanno segnato un calo dell’11,4% (18.784.000 ettolitri nei confronti di un 2019 che aveva superato la quota dei 21 milioni di ettolitri). Anche l’export, dopo anni di crescita, subisce un calo – seppur più contenuto – del 4,8% con volumi esportati pari a 3,3 milioni di ettolitri riconfermandosi comunque significativo nei Paesi a forte tradizione birraria, a dimostrazione della qualità della birra italiana. Tra i principali Paesi importatori in pole position il Regno Unito (47,3%); gli USA (7,3%) e l’Australia (7%). Di contro si segnala un calo dell’import del 15%.
Alfredo Pratolongo, vicepresidente di Assobirra, reclama un intervento sulle accise: «la ripresa del comparto birrario – che in un solo semestre ha visto l’azzeramento dell’intera crescita dell’ultimoquadriennio – passa da interventi mirati di fiscalità dedicati al settore. Un incentivo fiscale di 10 centesimial litro sulla birra in fusto per sostenere gli oltre 140.000 punti di consumo, quali bar, ristoranti e le 80.000 pizzerie è un sostegno immediato per le sofferenze dell’Ho.Re.Ca. e dei birrifici artigianali che può generare un effetto moltiplicatore lungo tutta la filiera. La misura è sostenuta da emendamenti presentati al decreto legge Sostegni Bis dalla quasi totalità delle forze di maggioranza presenti alla Camera, unitamente ad emendamenti che mirano ad introdurre agevolazioni fiscali e semplificazioni per il comparto delle birre artigianali».
«Serve tuttavia riprendere anche un percorso serio di revisione delle accise, ancora oggi una zavorra che, a causa degli iniqui aumenti intervenuti nell’ormai lontano 2013 – sottolinea Pratolongo – blocca le potenzialità di sviluppo del settore, operando con un meccanismo di regressività che colpisce i prodotti di minor costo, favorendo l’import da Paesi che godono di regimi fiscali da accise nettamente più favorevoliche in Italia e danneggiando l’export italiano che nel solo 2020 ha segnato un -4,8%».
Ecco come la graffiante matita di Domenico La Cava interpreta la situazione.
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